31 luglio 2008

Unilever: Utile Trimestre -20%




Unilever: utile trimestre -20% a causa dell'aumento dei costi
ANSA - ROMA
Unilever, secondo produttore mondiale di beni di largo consumo, chiude il secondo trimestre con un utile in calo del 20%. La causa e' legata ai costi sostenuti per il taglio del personale e dell'aumento dei prezzi. L'utile netto e' cosi' sceso a 909 milioni di euro, di poco inferiore alle stime degli analisti. Il gruppo anglo-olandese e' impegnato in un'operazione che prevede il taglio di 20mila posti di lavoro, per la maggioranza in Europa.


31 Lug 09:59

30 luglio 2008

LEGLER:Gli operai attaccano i sindacati




Prima assemblea a Macomer, accuse anche alla Regione

di Piero Marongiu


MACOMER. Poco meno della metà dei 320 dipendenti della Legler di Macomer ieri mattina hanno partecipato a una assemblea infuocata non solo per il caldo ma soprattutto per le incertezze sul futuro. Non è stato facile per i dirigenti sindacali calmare gli operai e spiegare le ragioni che hanno portato alle decisioni degli ultimi giorni. Ai lavoratori interessava conoscere la verità, e lo hanno detto a gran voce, su quello che è successo all’azienda negli ultimi anni tra imprenditori vecchi, nuovi e Regione. Per dare una risposta c’erano tutte le sigle confederali anche se gli operai sono usciti poco convinti. Nessuno crede più ai rilanci miracolosi. Di nuovi investitori con serie intenzioni in questi anni non ce ne sono stati. E chi si è fatto avanti è stato costretto a fuggire da richieste inaccettabili. Le responsabilità, per i lavoratori, sono di Regione e sindacati. La prima non avrebbe saputo portare avanti proposte interessanti per gli imprenditori. I sindacati invece si sarebbero ostinati a pretendere di vendere in blocco le aziende. Franceschino Spanu dell’Ugl, non ha dubbi: «Le responsabilità più gravi sono della Regione e della Provincia, che non hanno saputo portare avanti azioni di sostegno incisive per salvare le fabbriche e difendere i lavoratori. Soru e la sua giunta se ne dovrebbero andare». Un operaio interviene per dire che altrove, come a Marghera, i politici hanno impedito la chiusura: «Ma lì la classe politica è di ben altra levatura rispetto a quella sarda». Gli operai pretendono di sapere cosa riserverà loro il futuro. Se la Legler continuerà a chiamarsi Legler o Texfer non interessa. Vogliono sapere cosa accadrà ai loro salari. «Non riesco più ad andare avanti — dice una voce in sala — e dovrò ritirare mia figlia dall’università». I rappresentanti sindacali non ci stanno a fare da capro espiatorio: «Quando, tre anni fa — dice Gianfranco Mussoni, interrotto più volte da un contestatore — i vertici aziendali volevano portare i libri contabili in tribunale, noi spingemmo Soru a insistere perché si trovasse un acquirente, come volevano i lavoratori ». Bobo Arbau, dell’Uiltai, conferma e precisa: «Soru propose di andare in legge Prodi e tutte le sigle sindacali eravamo d’accordo, come gli operai. Oggi non capisco perché le cose siano cambiate». Franceschino Spanu, dell’Ugl dice: «Ottobre è troppo lontano per lo sciopero generale. Bisogna cominciare subito con altre forme di lotta. Per esempio: bloccare le strade di accesso alla Costa Smeralda con auto e camion». Ignazio Ganga della Cisl tira fuori il verbale della riunione del 21 luglio a Roma: «Siamo stati noi sindacati a chiedere che l’avvio della procedura per il commissariamento venisse accompagnato dall’apertura di un tavolo per un accordo di programma». Secondo i sindacati — e anche secondo l’assessore Concetta Rau — ripulire dai debiti le fabbriche per eventuali soggetti interessati all’acquisto è un fatto decisivo. E proprio la Rau, non presente in assemblea, ha precisato che «la Sardegna è ancora area ex 87 e quindi possono essere attivate risorse per attrarre nuovi investitori». Tra i pochi politici presenti in assemblea il sardista Paolo Maninchedda e gli assessori comunali di Macomer Masia e Luciani. Nel pomeriggio, a Ottana, non sono emersi fatti nuovi. L’appuntamento è per oggi alle dieci a Siniscola.

29 luglio 2008

Industria,via alla mobilitazione

L'UNIONE SARDA

La crisi industriale è sempre più forte e i sindacati si preparano a una forte mobilitazione a settembre. Dopo la Cisl anche Cgil e Uil si preparano alla mobilitazione per l’industria sarda. La crisi nell’isola è arrivata a un punto di non ritorno e i sindacati annunciano una serie di iniziative, a partire dai primi di settembre, per far fronte all’emergenza che coinvolge il settore produttivo. I tre sindacati, infatti, daranno vita a «una fase intensa di mobilitazione nei territori e nei luoghi di lavoro»: si partirà con una serie di assemblee interne ai tre sindacati.A metà del mese, inoltre, è prevista la convocazione del coordinamento unitario del settore industriale che dovrà decidere le iniziative da assumere, poiché non è più rinviabile «l’adozione di politiche d’intervento » per contenere il declino e favorire il rilancio dei settori produttivi. Non è escluso che proprio in quell’occasione venga decisa anche una giornata di sciopero generale dell’industria, in attesa di riaprire il confronto in sede regionale. È anche «urgente », ricordano le tre sigle, riattivare il tavolo negoziale con il Governo interrotto il 10 luglio del 2007 e «occorre un’immediata verifica degli accordi sottoscritti » così come prevedeva il verbale redatto dopo l’incontro a Palazzo Chigi. LA CRISI. La situazione del sistema produttivo sardo, scrivono i tre sindacati in una nota congiunta firmata da Piero Cossu (Cgil), Giovanni Matta (Cisl) e Michele Calledda (Uil), non accenna a migliorare. Il tasso di disoccupazione resta stabile al 13,5%. Lo stesso tasso di occupazione è fermo al 52,5%, e segna una distanza dall’indice medio nazionale di otto punti e di 18 dall’obiettivo di Lisbona fissato per il 2010 al 70%. «La condizione generale del tessuto sociale sardo evidenzia l’ulteriore impoverimento della comunità regionale con oltre 100.000 famiglie che vivono al di sotto della soglia di povertà e oltre 300.000 sardi interessati al fenomeno». E se la stagnazione riguarda l’intera economia dell’isola, a risentire maggiormente di questa situazione sono in particolare l’agricoltura, «condizionata dal forte indebitamento delle aziende che è pari al 50% della loro capacità produttiva», e l’industria che evidenzia un’ulteriore contrazione della base produttiva. Nel corso del 2007 gli occupati del settore sono diminuiti di 5.000 unità, appesantendo una situazione già difficile. Basti pensare che l’occupazione dell’industria sarda rappresenta appena l’11,5% dell’intera forza lavoro dell’isola, mentre a livello nazionale il settore manifatturiero rappresenta il 23,5 % dell’intera forza lavoro.
LE CHIUSURE. Nel corso dell’ultimo anno interi impianti produttivi sono stati chiusi mentre altri si trovano in una «condizione difficile e precaria». La messa in liquidazione della Legler fa seguito alla chiusura di impianti come Unilever, Palmera (in parte riaperta sotto un altro marchio), Idea Motore di Nuoro solo per citarne alcuni. E negli ultimi giorni è stata annunciata anche la chiusura della ex Valriso e della Otefal e la conseguente perdita di altri 200 posti di lavoro. È la stessa Regione, in un suo report, infatti a parlare di almeno 36 aziende in difficoltà, mentre dal rapporto del Censis si evince che la Sardegna sta vivendo una condizione non riscontrabile negli ultimi 15 anni «e presenta una realtà regionale che ha difficoltà a confrontarsi con il sistema nazionale e internazionale ». Il ricorso alla Cassa integrazione in deroga, peraltro, interessa 3.000 lavoratori, mentre è evidente, come hanno rilevato anche l’Isae e il Centro studi dell’Unione Sarda, il peggioramento nell’indice di fiducia delle imprese e la contrazione degli investimenti. LE RICHIESTE. In un tale scenario di crisi, le sigle sindacali parlano di «un’indubbia difficoltà a rappresentare politicamente la complessità di tale condizione, mentre nel contempo alcuni strumenti risultano inutilizzati». Per esempio, gli accordi sottoscritti con il Governo «risultano parzialmente o totalmente inapplicati ». A iniziare dall’Accordo di programma per la chimica, siglato nel 2003, la cui dote di 300 milioni di euro è stata utilizzata solo in minima parte: sono solo 38 i milioni spesi. Anche l’intesa per l’energia «risulta parzialmente applicata e dopo il 2010, in assenza di interventi strutturali e certi, la situazione - con il ritorno delle tariffe imposte dal mercato - potrebbe riproporsi in tutta la sua gravità», denunciano i sindacati, che ricordano anche la stasi «negli investimenti su infrastrutture, continuità territoriale delle merci e la soppressione del servizio cargo di Ferrovie dello Stato che nei fatti condiziona negativamente» il sistema Sardegna.

CGIL-CISL-UIL: MOBILITAZIONE A SETTEMBRE

Fonte:AGI

Cagliari, 28 lug. - La crisi dell’industria preoccupa Cgil, Cisl e Uil che hanno deciso di avviare, a partire dai primi di settembre, “una fase intensa di mobilitazione nei territori e nei luoghi di lavoro”. Per la meta’ del mese e’ prevista la convocazione del coordinamento unitario del settore industriale che dovra’ decidere sulle eventuali iniziative da assumere. I sindacati non ritengono piu’ rinviabile “l’adozione di politiche d’intervento” per contenere il declino del settore e favorire il rilancio dei settori produttivi. Per questo e’ “imperativo” riprendere il confronto in sede regionale ed e’ “urgente” riattivare il tavolo negoziale con il Governo interrotto il 10 luglio del 2007. Per le tre sigle sindacali “occorre un’immediata verifica degli accordi sottoscritti” cosi’ come prevedeva il verbale redatto dopo l’incontro a Palazzo Chigi.
La situazione generale del sistema produttivo sardo - si legge in una nota congiunta - non accenna a migliorare, anzi alcuni indicatori macro economici presentano una condizione di ulteriore appesantimento. Il tasso di disoccupazione resta stabile a due cifre e ,nell’ultimo trimestre rilevato, i senza lavoro assommano al 13,5%. Lo stesso tasso di occupazione e’ fermo al 52,5%, segnando una distanza dall’indice medio nazionale di ben 8 punti e di 18 dall’obbiettivo di Lisbona fissato per il 2010 al 70%. La condizione generale del tessuto sociale sardo evidenzia l’ulteriore impoverimento della comunita’ regionale con oltre 100.000 famiglie che vivono al di sotto della soglia di poverta’ e oltre 300.000 sardi interessati al fenomeno. Per quanto attiene la condizione del sistema produttivo, questo e’ contrassegnato da una generale condizione di stagnazione. L’agricoltura mantiene una dimensione decisamente condizionata dal forte indebitamento delle aziende che e’ pari al 50% della capacita’ produttiva delle stesse, mentre l’industria evidenzia un’ulteriore contrazione della base produttiva. Nel corso del 2007 la base occupativa del settore e’ diminuita di 5.000 unita’, appesantendo una situazione gia’ precaria. Infatti, l’industria sarda continua a esprimere valori lontani dagli indici medi nazionali dove l’occupazione nel settore industriale rappresenta il 23,5 % dell’intera forza lavoro a fronte l’11,5% espresso in Sardegna. Nel corso dell’ultimo anno interi impianti sono stati cancellati dal panorama produttivo e diverse realta’ si distinguono per una condizione difficile e precaria. Le notizie recenti della messa in liquidazione della Legler, fanno seguito alla chiusura di impianti come Unilever, Palmera, Idea Motore solo per citarne alcuni.

26 luglio 2008

Ciao Italia, Bertolli saluta un Paese in ginocchio

FONTE
Addio rinascita. Nell’indifferenza generale,Unilever lascia in mani spagnole un marchio storico fondato nel 1865. La testimonianza diretta del gruppo Salov, in corsa per l'acquisizione; e i pareri di alcuni tra i protagonisti della filiera. C'è aria di preoccupazione.


Mario Bertolli aveva avviato l’attività nel 1865, aprendo un piccolo negozio sotto casa, a Lucca. E’ però da molti anni che l’azienda non è più nelle mani della famiglia Bertolli, essendo stata ceduta alla Alivar, controllata da Montedison e poi alla Sme.Romano Prodi, nel 1994, aveva quindi deciso di privatizzare e cedere le attività statali nelle conserve alimentari e lattiero casearie raggruppate con il nome di Cirio Bertolli De Rica. Bertolli andò alla multinazionale Unilever che, da qualche mese, ha deciso di dismettere il settore olio di oliva.Lo sapevamo bene come sarebbe andata a finire. Speravamo in una sorpresa, in un colpo di coda del settore oleario nazionale. Abbiamo, inutilmente, fatto il tifo per proposte di acquisizione da parte di aziende italiane.Dobbiamo prendere atto che Sos Cuetare diventa deus ex machina del comparto oliandolo del nostro Paese e accettare lo stato di disfatta generale. Senza per questo tacere. Senza nascondere l’indifferenza dello Stato italiano, ma soprattutto di Confindustria, delle Banche e di quei poteri forti totalmente e squallidamente indifferenti alle sorti del comparto oleario italiano. Nulla di così sconvolgente, sono decenni che l’agricoltura è abbandonata a se stessa e la classe degli industriali è così infiacchita che non ha nemmeno lontanamente pensato di non disperdere tale patrimonio storico di marchi: Carapelli e Sasso prima, e ora Bertolli, Dante e San Giorgio. Il libero mercato, certo; ma non pensavamo che Confindustria fosse così indifferente e cinica. Il gruppo Salov ha tentato di acquisire Bertolli, ma nessuno che abbia voluto sostenere l’offerta della famiglia Fontana, irrobustendola. Ora il futuro è molto incerto. 630 milioni di euro, a tanto ammonta l'investimento da parte di Josè Salazar. Un valore nient'affatto impressionante se si considera che Bertolli, Dante e San Giorgio hanno fatturato, nel 2007, 380 milioni di euro, con un margine operativo lordo di 60 milioni di euro.L'accordo prevede che Sos Cuetara mantenga in essere l'impianto di Inveruno (MI) per almeno quattro anni, poi chissà. Al momento non è ben chara la politica industriale del gruppo spagnolo, mentre è certo più definita quella finanziaria.E' infatti allo studio un progetto per riunire tutti i marchi italiani di proprietà Sos in un'unica società che verrebbe quotata in Borsa.Si tratta certo di indiscrezioni, ipotesi però avvalorate da fonti interne alla stessa Sos.Il gruppo spagnolo controlla così il 50% del mercato dell’olio di oliva in Italia e il 33% del segmento extra vergine. Bell’affare. Ecco il termometro che segna una febbre altissima. L’Italia dell’olio è morente, mentre Coldiretti e Slow Food si perdono in risibili battaglie di retroguardia, quella sul made in Italy obbligatorio in etichetta. Poveri noi, in che mani siamo affidati.

LA TESTIMONIANZA DI SALOVSalov in Italia significa olio condito da tanta passione. Il gruppo, con sede a Massarosa, in provincia di Lucca, conserva con orgoglio la propria italianità e la più totale indipendenza, essendo controllata dalla famiglia Fontana al cento per cento. Salov, per intenderci, significa sostanzialmente Sagra e Filippo Berio, due storici marchi tra i più famosi e determinanti.Riguardo alla vendita di Bertolli, il gruppo Salov era tra coloro che partecipavano all'acquisto. Per questo la testimonianza che ci ha rilasciato il direttore generale del gruppo, Alberto Baraldi, assume notevole importanza:Facciamo i complimenti e gli auguri ai signori del gruppo SOS per l'avvenuta acquisizione del marchio Bertolli. E' evidente che le cifre che sono emerse alla chiusura dell'asta non ci trovano d'accordo sulla stima fatta alla luce delle informazioni ricevute. Teniamo comunque a ribadire la leadership mondiale del marchio Filippo Berio. Sarà una bella sfid per tutti.

LE ALTRE TESTIMONIANZELucio Carli, Fratelli Carli Spa: “E’ sorprendente come un brand italiano del 1865 abbia assunto oggi un simile valore dopo tanti anni dalla fondazione. Sinceramente fa piacere il fatto che manifesti ancora tale forza e impatto, ma nel contempo è un vero peccato aver perso l’opportunità di riportarlo in Italia dopo la cessione nel 1994 alla Unilever. Ora la Spagna si rafforza e domina il mercato, soprattutto quello della Gdo. Il nostro Paese non ha saputo far proprio un brand così prestigioso. Non ha saputo far sistema. Non siamo riusciti nemmeno a sfruttare il fatto di essere arrivati primi nell’Unione europea, siamo stati scalzati dalla Spagna, la quale nel frattempo ha fatto passi da gigante”.Nicola Pantaleo, Pantaleo Spa: "Bertolli finisce nelle mani degli spagnoli di Sos Cuetera. Questo produce una conseguenza immediata e cioè che in Italia si ha per la prima volta una quota di mercato concentrata nelle mani di un'unica società che si stima pari al 50% per gli oli di oliva e del 33% per l’extra vergine. Quali saranno le conseguenze di questa operazione sia per il mercato degli oli di oliva in Italia sia per il mercato globale (dove la quota nelle mani della Sos dovrebbe raggiungere in questo modo il 22%), sia per la stessa Sos è difficile dirlo. Sicuramente se una multinazionale come Unilever ha deciso di disfarsi (non certo a buon mercato) di un ramo cosi importante, in quanto Leader globale del settore degli oli di oliva, non ritenendolo strategico, sarà forse perchè questo ramo non era poi così remunerativo e non autosufficiente e comunque di difficile gestione. L’olio di oliva è un comparto in cui il valore aggiunto è molto limitato.L’acquisizione di Bertolli da parte di una azienda spagnola era una conseguenza abbastanza logica visto che la Spagna oggi mostra un netto vantaggio rispetto a tutti gli altri paesi produttori per quantità prodotta e soprattutto per quanto concerne i costi di produzione della materia prima, che sono nettamente più bassi rispetto al resto dei Paesi produttori.A mio parere quindi se da un lato ci sono i margini di miglioramento della competitività del marchio Bertolli, dall’altro c’è indubbiamente l’incognita della reazione, ad esempio, dei “vecchi” fornitori che prima rifornivano, senza alcun timore l’olio alla Unilever; il gruppo Sos potrà dunque dimostrare la stessa affidabilità ed immagine? Indubbiamente questa è un occasione persa per l’Italia di riportare a casa propria un marchio che nasce in Italia ma che di Italiano non aveva già nulla o quasi ed è comunque, purtroppo un ulteriore passo indietro per la competitività del Made in Italy.”Pasquale Manca, Domenico Manca Spa: "Ora c'è il rischio che sia il consumatore nazionale, che quello estero, si abitui a un profilo sensoriale ben definito e che percepisca all'assaggio l'olio solo in una certa maniera, assuefandosi ai netti sentori spagnoli.In secondo luogo, ci sarà inevitabilmente uno svilimento delle piccole produzioni locali e sarà di conseguenza difficile, per i piccoli e medi produttori italiani, esitare il loro prodotto sul mercato, con buona pace del concetto di italianità e dell'intero sistema produttivo nazionale che ovviamente pagherà a caro prezzo tale nuovo contesto operativo"

25 luglio 2008

Comunicato Stampa Risposta Interrogazione On.A.Schirru

CAMERA DEI DEPUTATI
COMUNICATO STAMPA_ SCHIRRU (PD)

Cagliari, 25 luglio 2008

Il sottosegretario Ugo MARTINAT ha risposto ieri all'interrogazione “5-00213 Schirru: Situazione occupazionale presso lo stabilimento Unilever di Cagliari” nei termini riportati in allegato.
Amalia SCHIRRU (PD), replicando, ha dichiarato: “La situazione di lavoratori Unilever di Cagliari è ancora aperta, infatti, sono state date assicurazioni di un possibile trasferimento di venti dipendenti presso lo stabilimento di Caivano (Napoli), ma al momento non risulta niente di concreto. Il Governo ha il dovere di valutare con molta attenzione la difficile situazione occupazionale della Sardegna e mi auguro, pertanto, che il tavolo nazionale venga convocato al più presto.”
On. Amalia Schirru


X Commissione - Giovedì 24 luglio 2008
5-00213 Schirru: Situazione occupazionale presso lo stabilimento Unilever di Cagliari.

TESTO DELLA RISPOSTA:

La società Unilever Italia opera nei settori «gelati e surgelati», «alimentare foods e foods solution» e «cura della casa e igiene personale». È controllata dalla multinazionale Unilever NV con sede a Rotterdam e ha unità locali dislocate sul territorio nazionale. Riguardo alla situazione della Unilever Italia, si fa presente, anche sulla base delle notizie acquisite presso il Ministero del lavoro, della salute e politiche sociali, che la società, nel corso degli ultimi anni, ha registrato una situazione di stagnazione dei risultati economici dovuta, principalmente, alla concentrazione della Grande Distribuzione Organizzata con conseguente erosione dei margini di profitto tali da determinare la riduzione totale degli investimenti, la limitazione del lancio di nuovi prodotti e la necessaria riduzione del costo del personale. Tale situazione ha indotto la società a predisporre un piano di riorganizzazione, concordato con le OO.SS nel maggio 2007, diretto, tra l'altro, all'integrazione delle divisioni in un'unica realtà organizzativa nella sede di Roma, alla chiusura della sede di Milano, all'outsurcing per i servizi amministrativi/finanziari e quelli informatici, nonché all'implementazione delle attività food business e custom service caratterizzanti la sede di Inveruno (Milano). Con lo stesso accordo la società si è impegnata all'espletamento della procedura di mobilità per 175 posizioni professionali in forza nelle sedi di Inveruno, Milano e Roma. Per quanto concerne, in particolare, il settore «gelati», nel quale Unilever opera con il marchio «Algida» attraverso la direzione amministrativa di Roma, gli stabilimenti produttivi di Cagliari e Caivano (Napoli) e una rete di depositi sul territorio, la società ha ribadito che il settore, a livello europeo, ha registrato una forte crisi. Tale crisi, scaturita dal calo dei consumi di gelato industriale, ha gravato sullo stabilimento di Cagliari per il quale la società ha deciso di procedere alla vendita dello stabilimento. Tale determinazione, comunicata dalla società alle rappresentanze Sindacali Aziendali e ribadita anche nel corso dell'incontro svolto presso il Ministero dello sviluppo economico il 10 luglio 2007, ha comportato, a decorrere dal 31 dicembre 2007, la cessazione dell'attività dello stabilimento di Cagliari e, quindi, l'esubero di tutte le risorse occupate, ridottesi a 67 unità a seguito della cessazione del rapporto di lavoro di sei lavoratori di cui uno per trasferimento e cinque per dimissioni finalizzate a ricollocazione professionale. In data 18 dicembre 2007, come già noto agli onorevoli interroganti, la società ha sottoscritto con le OO.SS e le Istituzioni locali un accordo per il ricorso alla CIGS fino al 31 dicembre 2008. In tale accordo è stata prevista la mobilità per il personale prossimo alla pensione, il trasferimento volontario presso altre sedi Unilever e il ricorso all'esternalizzazione delle attività di deposito finalizzata alla ricollocazione professionale. Per quanto concerne il trasferimento nelle altre sedi Unilever, risulta che lo stesso ha riguardato 15 dipendenti di cui solo tre hanno accettato l'offerta di impiego a Caivano. Risulta, inoltre, che la società Unilever si è fatta carico di progetti di outplacement con Adecco che sono stati illustrati alle Organizzazioni Sindacali in Assindustria, per un totale di 40 ore pro capite di formazione, i cui costi sono stati interamente e volontariamente sostenuti da Unilever. Riguardo al trasferimento dei macchinari, previsto negli accordi sindacali, si è a conoscenza che la società, a seguito di agitazioni sindacali, ha preferito sospendere tale trasferimento. In merito al sito di Caivano, inaugurato recentemente, si precisa che lo stesso è un centro di R&D e rappresenta l'unico centro del Gruppo in Europa. I suoi occupati sono in parte impiegati trasferiti da altre sedi europee. Si precisa, infine, che per la situazione di crisi in atto nel settore in questione, è stata aperta una procedura di mobilità anche per lo stabilimento produttivo di Caivano. Il Ministero dello sviluppo economico, al fine di accelerare la riutilizzazione dello stabilimento di Cagliari e il conseguente reimpiego dei lavoratori, si farà parte attiva già nelle prossime settimane per convocare le parti in un apposito incontro dedicato alla ricerca di una rapida e positiva soluzione del problema.

23 luglio 2008

Economia: Firma per cig e mobilità a 500 operai

LA NUOVA SARDEGNA 23.07.2008

CAGLIARI. È stato sottoscritto a Cagliari, nei locali dell’assessorato regionale del Lavoro, l’accordo istituzionale aggiuntivo per l’individuazione dei lavoratori che potranno beneficiare dei trattamenti di cassa integrazione, mobilità o disoccupazione speciale in deroga rispetto alle disposizioni della normativa nazionale in materia. L’intesa, che è stata sottoscritta «alla luce della specificità della crisi che investe il territorio della Sardegna e che giustifica la proroga dei trattamenti in essere ed un significativo numero di nuove concessioni», riguarderà circa cinquecento lavoratori di 33 aziende sarde, che potranno così ricevere gli assegni di sostegno al reddito, quali la cassa integrazione guadagni straordinaria (cigs) o la mobilità, in deroga rispetto alla normativa quadro nazionale, con valore retroattivo a partire dallo scorso 1º gennaio 2008 e fino al prossimo 31 dicembre. L’accordo è stato sottoscritto dall’assessore al Lavoro Romina Congera, dalla direzione regionale del ministero del Lavoro, da Inps, Insar-Italia Lavoro, dai sindacati Cgil, Cisl e Uil e dalle associazioni dei datori di lavoro Confindustria e Apisarda.

17 luglio 2008

Crisi senza fine, per la Cisl è sciopero

L'UNIONE SARDA

Mario Medde: «Siamo pronti alla mobilitazione anche da soli»

Non resta che intraprendere la via dello sciopero generale in Sardegna. Anche a costo di programmare una discesa in piazza in solitario. Il segretario generale della Cisl sarda Mario Medde annuncia per la fine del mese di settembre l’unica azione che possa mettere fine al «silenzio assordante che si è venuto a creare attorno alla crisi sarda». Scelta diventata irreversibile, indipendentemente dalla posizione che assumeranno Cgil e Uil, che devono ancora «concludere il proprio percorso interno. Entro fine mese, comunque, conosceremo la decisione delle loro segreterie regionali». Dal canto suo, la Cisl non ha nessuna intenzione di «sottovalutare la situazione di emergenza e avere un atteggiamento dimesso». Impossibile. Perché «mai come in questo momento si sente la necessità di richiamare interventi immediati». Il popolo sardo deve dimostrare che «non è rassegnato». Davanti al rischio di non essere ascoltato urge un segnale che faccia effetto. Ovviamente immediato: «Dobbiamo far rimbombare le nostre istanze per creare rapporti di forza utili all’isola ». La manifestazione non cadrà di sabato, come nel caso dell’iniziativa del primo dicembre dello scorso anno. «Stavolta sarà qualcosa di più». ACCORDI BLOCCATI. Medde è un fiume in piena e dal quartier generale di via Ancona a Cagliari lancia dardi infuocati. Contro la Regione, nell’invocare una «svolta nella politica economica e sociale». E contro il fallimento delle varie intese tra Stato e Regione. L’elenco è lunghissimo mentre uno solo è l’esito delle intese: fallimentare. «A distanza di oltre un anno dal 10 luglio del 2007, data dell’ultimo incontro con il Governo e la Giunta regionale, dobbiamo constatare l’assenza di un qualunque provvedimento in grado di arrestare il degrado dell’economia regionale». Se lo sguardo si rivolge ancora più indietro, la sostanza non cambia: «Nessuno degli interventi annunciati, a cominciare dall’Intesa istituzionale di programma del 1999, risulta attuato. Lo stesso impegno del 10 luglio, che mirava a riscrivere quell’intesa, è finito nel dimenticatoio. Per non parlare del Piano di rinascita, totalmente rimosso ». Anche gli accordi sulla chimica di luglio 2003 e sull’energia del dicembre dello scorso anno «non hanno registrato avanzamenti significativi». Al palo pure l’accordo di programma quadro su trasporti e mobilità siglato nell’aprile 2004. Avrebbe dovuto garantire un apporto finanziario di 1.200 milioni di euro, rimasto solo sulla carta. LA CRISI. La Sardegna - esorta la Cisl - deve lanciare il segnale che non ha la minima intenzione di piegarsi al cospetto di una recessione sempre più forte. «Dobbiamo sederci a un tavolo prima che sia troppo tardi. Due mesi fa abbiamo mandato una lettera al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, chiedendo di riprendere il tavolo negoziale interrotto». Gli argomenti abbondano. Le vertenze aziendali irrisolte - calcola Medde - sono 36 mentre le persone in condizioni di povertà 300 mila. Non finisce qui. Per la prima volta dopo 15 anni il tasso di disoccupazione registra un aumento di quasi 5 punti percentuali in sei mesi, attestandosi al 13,5% nel primo trimestre 2008. Resta invece ferma al 52,2% l’occupazione (su 200.933 avviamenti al lavoro nel 2007, 156.616 sono stati a tempo determinato). Se si sommano inflazione e forti differenziali retributivi rispetto al Nord il quadro è quasi completo. L’INDUSTRIA. L’excursus sulle ferite industriali ancora aperte, poi, è l’emblema di una crisi acutizzata da batoste sempre nuove. «La Legler è a un passo dalla liquidazione, la situazione del trasporto Cargo irrisolta ». Confermato il disimpegno delle Ferrovie dello Stato, che andrà a ripercuotersi anche sulle produzioni industriali. C’è la questione Ineos, con gli impianti di Porto Torres e Assemini. La segreteria della Cisl sa bene che «agiranno su queste strutture le decisioni prese a Roma nei tavoli sulla chimica veneta, da cui la Sardegna è tagliata fuori», nonostante sia direttamente interessata: «Anche noi vogliamo partecipare». Nel caso del Porto Canale si sta registrando il «ritorno alla situazione originaria, che pensavamo fosse stata superata alla luce di una strategia internazionale. Invece, assisteremo a un’ulteriore penalizzazione sul traffico delle nostre merci». Aprire il capitolo Meridiana significa sfogliare altre pagine grigie per la Cisl: «L’accordo del 10 luglio mette un minimo di pace ma sono confermati gli obiettivi di ridimensionamento della copertura operativa».

13 luglio 2008

Camera Dei Deputati:Interrogazione su Stabilimento Unilever Cagliari

ATTO CAMERA
INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/00213
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16Seduta di annuncio: 33 del 11/07/2008
Firmatari
Primo firmatario: SCHIRRU AMALIAGruppo: PARTITO DEMOCRATICOData firma: 11/07/2008
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario
Gruppo
Data firma
DAMIANO CESARE
PARTITO DEMOCRATICO
11/07/2008
PES CATERINA
PARTITO DEMOCRATICO
11/07/2008
FADDA PAOLO
PARTITO DEMOCRATICO
11/07/2008
MELIS GUIDO
PARTITO DEMOCRATICO
11/07/2008
MARROCU SIRO
PARTITO DEMOCRATICO
11/07/2008
CALVISI GIULIO
PARTITO DEMOCRATICO
11/07/2008
Destinatari
Ministero destinatario:
MINISTERO DEL LAVORO, DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE SOCIALI Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DEL LAVORO, DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE SOCIALI delegato in data 11/07/2008
Stato iter: IN CORSO
Atto CameraInterrogazione a risposta in Commissione 5-00213 presentata da AMALIA SCHIRRU venerdì 11 luglio 2008 nella seduta n.033
SCHIRRU, DAMIANO, PES, FADDA, MELIS, MARROCU e CALVISI. -
Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali.- Per sapere - premesso che: Unilever Italia S.r.l., divisione Ice Cream & Frozen Food di Unilever Italia, è parte del gruppo multinazionale Unilever, uno dei più grandi produttori mondiali di beni di largo consumo, tra le prime 20 realtà industriali italiane e al terzo posto fra le multinazionali estere, per dimensioni e presenza sul territorio. Opera in Italia con due unità produttive, Cisterna di Latina (Latina) e Caivano (Napoli), ha sede centrale a Roma e una rete distributiva presente su tutto il territorio nazionale; in data 21 settembre 2007 la multinazionale Unilever, proprietaria dello stabilimento per la produzione di gelati sito a Cagliari nel Viale Marconi, ha comunicato alle organizzazioni sindacali di categoria, alla presenza dei responsabili dell'associazione degli industriali di Cagliari, la chiusura al 31 dicembre 2007 dello stabilimento cittadino, annunciando l'apertura delle procedure di mobilità, seguendo una riorganizzazione complessiva del gruppo a livello mondiale ed europeo, secondo un nuovo modello organizzativo, denominato «One Unilever», che prevede appunto, una razionalizzazione della struttura organizzativa coordinata da un solo amministratore delegato in ogni paese europeo, che ha il compito di gestire e coordinare tutto il business Unilever; l'azienda, «dopo una verifica delle condizioni dello specifico mercato, il cui trend si conferma riflessivo e rende sempre più marcate le caratteristiche di sovracapacità produttiva dello stabilimento di Cagliari, nonché l'insussistenza delle condizioni che possano consentire la destinazione del complesso ad altre attività del gruppo Unilever», ha confermato la decisione di procedere alla chiusura dello stabilimento alla data preannunciata; in data 18 dicembre 2007, la Unilever, la Regione, l'amministrazione provinciale, la Confindustria regionale e i sindacati, hanno sottoscritto un accordo per concedere la cassa integrazione fino al 31 dicembre 2008, individuando in questo arco di tempo una possibilità di salvezza dell'attività della fabbrica e dei dipendenti; va considerato che tra i motivi principali del crescente malcontento dei lavoratori, vi è l'impossibilità di accedere ad informazioni strategiche per il futuro dello stabilimento, ovvero di conoscere le reali intenzioni dell'azienda circa un'eventuale cessione qualora si trovasse un acquirente. È noto che, qualora non lo si trovasse alla scadenza del prossimo 31 dicembre, la situazione sarebbe ben più drammatica di quella al momento della sottoscrizione dell'accordo stesso; tra i punti più importanti dell'accordo era stata posta la questione della mobilità che scattava immediatamente solo per chi era già in possesso dei requisiti per la pensione; l'Unilever si impegnava a garantire il trasferimento di 20 dipendenti nello stabilimento di Caivano e a realizzare «azioni di sostegno per la ricollocazione dei lavoratori attraverso alcuni corsi della durata di 12 mesi». Non risulta che nessuno sia stato trasferito e l'unica forma di sostegno posta in essere fino ad ora è stato un corso della durata di 12 ore; al seguito della firma dell'accordo, veniva consentito ai tecnici di mettere in sicurezza gli impianti del freddo, per eliminare l'ammoniaca contenuta nelle tubazioni. «L'azienda, nell'ipotesi di vendita, ferma ovviamente la propria discrezionalità sul punto, porrà in essere, per quanto di propria competenza, le iniziative tecniche ed amministrative opportune al fine di riattivare l'impianto di refrigerazione»; in data 18 aprile 2008, a seguito di una verifica nella fabbrica, è emerso che, contraddicendo agli accordi firmati il 18 dicembre scorso, alcuni macchinari sarebbero stati trasferiti sicuramente in altri siti di proprietà della Unilever; nella stessa data veniva inaugurato a Caivano, in provincia di Napoli, l'ultimo dei sei centri di eccellenza Unilever per il settore ice foods, che affianca, oggi, l'altro stabilimento preesistente e che ha come obiettivo lo sviluppo di prodotti innovativi, attraverso l'impiego di competenze all'avanguardia nel campo del congelamento e delle tecnologia del ghiaccio, del packaging, del design e nel campo della qualità; si è giustificata la cassa integrazione straordinaria per i lavoratori della fabbrica di Viale Marconi per esigenze di crisi del mercato, mentre, contrariamente a quanto sostenuto dai dirigenti Unilever, è noto che tale mercato cresce tutti gli anni e genera un giro d'affari di 5,4 miliardi di euro solo in Italia; poiché in gioco ci sono i posti di lavoro di giovani tecnici specializzati non solo a produrre gelati di ottima qualità, ma capaci di governare tutti i processi che la catena del freddo comporta e sono perciò a rischio le professionalità di questi lavoratori che potrebbero essere disperse -: se non ritenga opportuno intervenire presso l'azienda per ottenere un chiarimento in merito all'apertura del centro di Caivano e riconvocare al più presto un tavolo tecnico operativo con la partecipazione della Unilever Italia, della Regione Sardegna, della Provincia e del Comune di Cagliari, sulla vicenda della fabbrica di Viale Marconi; se esistano previsioni e condizioni di riconversione industriale per la fabbrica di Cagliari, ed eventualmente conoscerle.

11 luglio 2008

INDUSTRIA: CGIL, RISCHIO TRACOLLO;ISTITUZIONI NON INTERVENGONO


Fonte: (1) (2)


"Siamo di fronte al rischio concreto della chiusura del ciclo di industrializzazione iniziato negli anni Settanta e al conseguente tracollo dell'intero sistema economico sardo". Il segretario generale della Cgil sarda, Giampaolo Diana, si chiede come "in un momento drammatico come questo, come sia possibile che chi ha responsabilita' politiche, sia a livello nazionale che regionale, non intervenga immediatamente". Il leader sindacale sottolinea ancora una volta "l'assenza di consapevolezza da parte delle istituzioni e della politica della gravita' della crisi", affermando che "non si spiega diversamente l'assenza di risposte da parte della Presidenza del Consiglio dopo la richiesta d'incontro inviata al sottosegretario Letta il 5 giugno e nonostante il confronto con i parlamentari sardi nel quale qualche esponente della maggioranza ha assicurato che il confronto alla Presidenza del Consiglio si sarebbe svolto entro questa settimana".


La Cgil - si legge in una nota - e' da tempo impegnata a contrastare in tutti i modi il declino del nostro apparato produttivo: il settore industriale impiega piu' del 25 per cento dei lavoratori dipendenti ed e' dunque fondamentale per il nostro sistema economico. Chimica, energia, metallifero, appalti metalmeccanici, Legler, Keller, Unilever, porto canale, trasporto merci e continuita': l'elenco delle emergenze e' lungo e a questo si aggiunge il calo della produzione industriale di oltre il 6 per cento denunciato da Istat e Confindustria, un fatto che sommato alle crisi delle aree sarde assume una valenza ancora piu' drammatica. Per quanto non condivisibile diventa difficile non comprendere le ragioni di chi, soprattutto nel nuorese, alle ultime elezioni politiche ha pure rinunciato al voto. Sono ragioni che spingono alla disperazione, anche perche' la politica non risponde alle manifestazioni, agli scioperi generali, alle battaglie disperate di chi perde il posto di lavoro e non ha un'alternativa. Quella scelta e' un segno di sfiducia verso tutto il sistema politico istituzionale, un fenomeno che non puo' lasciar sordi e distratti chi ha responsabilita' di prendere decisioni, risolvere i problemi. (AGI)

10 luglio 2008

SENATORI PD, INTERROGAZIONE SU LICENZIAMENTI UNILEVER A CAGLIARI

INDUSTRIALE OGGI

Cagliari, 9 lug - I senatori del Pd Luciana Sbarbati, Antonello Cabras, Francesco Sanna e Gian Piero Scanu hanno depositato una interrogazione in cui chiedono al Governo di rispondere circa “le iniziative che intende intraprendere vista la decisione speculativa assunta dalla UNILEVER di licenziare i lavoratori dello stabilimento di Cagliari e aprirne uno nuovo a Caivano, con lo stesso numero di occupati e le medesime caratteristiche”.
“Questo non e’ accettabile - afferma la Sbarbati - perche’ il diritto al lavoro, che e’ costituzionalemnte garantito, deve essere tutelato con politiche di merito che tengano conto anche della sofferenza della realta’ industriale della Sardegna, che con questa decisone, incassa un altro duro colpo. Proprio per le condizioni penalizzanti dell’insularita’ - prosegue Sbarbati - e’ necessaria l’attenzione del Governo che, con politiche di merito, deve contrastare aziende, come la UNILEVER di Cagliari che, pur avendo realizzato utili apprezzabili nel 2007, grazie alla solerzia e alle competenze delle maestranze che hanno raggiunto tutti gli obiettivi fissati dall’azienda stessa, scelgono di trasferire intere produzioni senza tenere minimamente in conto le ricadute economico-sociali che hanno queste decisoni che aggravano le condizioni di marginalita’ cronica di cui la Sardegna soffre”.
I quattro senatori hanno deciso di concordare un incontro a Roma, nella prossima settimana con i rappresentanti dell’RSU, per attivare ogni possibile iniziativa - d’accordo con l’assessore all’industria della Regione Sardegna - a tutela dei loro posti di lavoro. (AGI)

L'UNIONE SARDA

«Caso Unilever, intervenga il Governo»

I senatori sardi del Pd (Antonello Cabras, Francesco Sanna, Gian Piero Scanu e Luciana Sbarbati) chiedono un intervento del Governo per salvare i posti di lavoro dello stabilimento di Cagliari dell’Unilever. In un’interrogazione, i parlamentari ricordano la decisione assunta dall’azienda di licenziare i dipendenti sardi e aprire un nuovo stabilimento a Caivano, con lo stesso numero di occupati e le medesime caratteristiche: «Questo non è accettabile - afferma in una nota Luciana Sbarbati - perché il diritto al lavoro, che è costituzionalemnte garantito, deve essere tutelato con politiche di merito che tengano conto anche della sofferenza della realtà industriale della Sardegna, che con questa decisone, incassa un altro duro colpo». Proprio per gli effetti negativi dell’insularità, prosegue Sbarbati, è necessaria l’attenzione del Governo che, con politiche di merito, deve contrastare aziende come la Unilever di Cagliari, che «pur avendo realizzato utili apprezzabili nel 2007, grazie alle competenze delle maestranze che hanno raggiunto tutti gli obiettivi fissati dall’azienda stessa, scelgono di trasferire intere produzioni senza tenere minimamente in conto le ricadute economico-sociali»

IL TESTO DELL'INTERROGAZIONE:


Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° =-00128 Atto n. 3-00128
Pubblicato il 9 luglio 2008 =BR>Seduta n. 33SBARBATI , CABRAS , SANNA , SCANU -
Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. -

Premesso che:
già da due anni la multinazionale Anglo-olandese Unilever, che produce gelati con il marchio Algida, persegue in Italia una politica di ristrutturazione aziendale che penalizza esclusivamente la sua fabbrica di gelato di Cagliari, prevedendone la chiusura;
tale fabbrica ha prodotto nel 2007 degli utili apprezzabili per merito delle sue maestranze fornite di acclarata professionalità che hanno raggiunto tutti gli obiettivi fissati dall'azienda stessa;
mentre adduce motivi di crisi del settore a giustificazione della decisione di chiusura dello stabilimento cagliaritano, l'Unilever apre a Caivano (Napoli) un nuovo centro di eccellenza del gelato, affiancandolo ad un altro già esistente;
tale nuovo stabilimento assorbe lo stesso numero di occupati a tempo indeterminato esistente a Cagliari e ne ha le stesse caratteristiche tecniche e strutturali,
si chiede di conoscere:
quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda intraprendere a salvaguardia della realtà industriale presente in Sardegna, per la verità sempre più asfittica e in sofferenza, che incassa un altro duro colpo da questa chiusura;
come intenda tutelare il diritto al lavoro dei cittadini sardi tutti, e in particolare dei lavoratori dello stabilimento Algida di Cagliari, che va costituzionalmente garantito al pari di quello dei cittadini del resto d'Italia, e che, se mai, proprio per le condizioni penalizzanti dell'insularità, va politicamente tutelato con politiche di merito, contrastando la pura scelta speculativa operata dall'Unilever che aggrava le condizioni di marginalità cronica di cui la Sardegna soffre.