30 luglio 2008

LEGLER:Gli operai attaccano i sindacati




Prima assemblea a Macomer, accuse anche alla Regione

di Piero Marongiu


MACOMER. Poco meno della metà dei 320 dipendenti della Legler di Macomer ieri mattina hanno partecipato a una assemblea infuocata non solo per il caldo ma soprattutto per le incertezze sul futuro. Non è stato facile per i dirigenti sindacali calmare gli operai e spiegare le ragioni che hanno portato alle decisioni degli ultimi giorni. Ai lavoratori interessava conoscere la verità, e lo hanno detto a gran voce, su quello che è successo all’azienda negli ultimi anni tra imprenditori vecchi, nuovi e Regione. Per dare una risposta c’erano tutte le sigle confederali anche se gli operai sono usciti poco convinti. Nessuno crede più ai rilanci miracolosi. Di nuovi investitori con serie intenzioni in questi anni non ce ne sono stati. E chi si è fatto avanti è stato costretto a fuggire da richieste inaccettabili. Le responsabilità, per i lavoratori, sono di Regione e sindacati. La prima non avrebbe saputo portare avanti proposte interessanti per gli imprenditori. I sindacati invece si sarebbero ostinati a pretendere di vendere in blocco le aziende. Franceschino Spanu dell’Ugl, non ha dubbi: «Le responsabilità più gravi sono della Regione e della Provincia, che non hanno saputo portare avanti azioni di sostegno incisive per salvare le fabbriche e difendere i lavoratori. Soru e la sua giunta se ne dovrebbero andare». Un operaio interviene per dire che altrove, come a Marghera, i politici hanno impedito la chiusura: «Ma lì la classe politica è di ben altra levatura rispetto a quella sarda». Gli operai pretendono di sapere cosa riserverà loro il futuro. Se la Legler continuerà a chiamarsi Legler o Texfer non interessa. Vogliono sapere cosa accadrà ai loro salari. «Non riesco più ad andare avanti — dice una voce in sala — e dovrò ritirare mia figlia dall’università». I rappresentanti sindacali non ci stanno a fare da capro espiatorio: «Quando, tre anni fa — dice Gianfranco Mussoni, interrotto più volte da un contestatore — i vertici aziendali volevano portare i libri contabili in tribunale, noi spingemmo Soru a insistere perché si trovasse un acquirente, come volevano i lavoratori ». Bobo Arbau, dell’Uiltai, conferma e precisa: «Soru propose di andare in legge Prodi e tutte le sigle sindacali eravamo d’accordo, come gli operai. Oggi non capisco perché le cose siano cambiate». Franceschino Spanu, dell’Ugl dice: «Ottobre è troppo lontano per lo sciopero generale. Bisogna cominciare subito con altre forme di lotta. Per esempio: bloccare le strade di accesso alla Costa Smeralda con auto e camion». Ignazio Ganga della Cisl tira fuori il verbale della riunione del 21 luglio a Roma: «Siamo stati noi sindacati a chiedere che l’avvio della procedura per il commissariamento venisse accompagnato dall’apertura di un tavolo per un accordo di programma». Secondo i sindacati — e anche secondo l’assessore Concetta Rau — ripulire dai debiti le fabbriche per eventuali soggetti interessati all’acquisto è un fatto decisivo. E proprio la Rau, non presente in assemblea, ha precisato che «la Sardegna è ancora area ex 87 e quindi possono essere attivate risorse per attrarre nuovi investitori». Tra i pochi politici presenti in assemblea il sardista Paolo Maninchedda e gli assessori comunali di Macomer Masia e Luciani. Nel pomeriggio, a Ottana, non sono emersi fatti nuovi. L’appuntamento è per oggi alle dieci a Siniscola.