dies agenzia giornalistica della CISL sarda
Documento di sintesi sullo stato del confronto con Governo e Regione Sardegna, relativamente allo sviluppo delle attività produttive e all’attuazione dell’Accordo di Programma sulla Chimica del 14 luglio 2003
1) Breve memoria su alcuni problemi irrisolti del settore industriale
Sin dallo scorso mese di giugno cgil cisl uil indirizzarono al Governo appena insediatosi, una richiesta d’incontro sui temi inerenti alla crisi del sistema produttivo regionale. Si trattava, infatti, questione ancora aperta, di attuare i contenuti del Verbale Protocollo sottoscritto a Palazzo Chigi il 10 luglio 2007.Infatti, nonostante le reiterate assicurazioni intervenute dopo l’incontro di luglio, con il Governo Prodi, risultano aggravate tutte le emergenze che stanno soffocando il fragile tessuto economico sardo.In particolare, avendo anche come riferimento gli Accordi sottoscritti, ultimo quello del 10 luglio 2007, si evidenziano alcuni problemi che debbono ritornare all’attenzione del Tavolo di confronto Governo, Regione, parti sociali e società interessate:
Il costo dell’energia. Problema di enorme rilevanza anche alla luce del crollo del prezzo dei metalli.
La mancata attuazione dell’Accordo di Programma per la valorizzazione dei siti chimici, sottoscritta a Roma il 14 luglio 2003. L’Accordo accompagnato da una dote di 300 milioni di Euro è rimasto sino ad ora inevaso tranne che per una tranche spesa a Nuoro. Il blocco degli impianti del sito di portotorres ripropone l’urgenza di dare continuità all’Accordo.
La definizione di un Accordo di Programma per rilanciare il tessile sardo.
In assenza di strumenti idonei corriamo il rischio di perdere dopo la legler (3 impianti fermi e 800 lavoratori in attesa della procedura Prodi), anche la queen cancellando 450 posti di lavoro.
La crisi del comparto agroalimentare che ha perso nell’ultimo anno 4 impianti (unilever, sardegna carni, palmera, e formaggi sardi di macomer), per il quale si chiede appunto uno specifico Accordo di Programma.
La verifica e l’aggiornamento dell’Intesa Istituzionale di Programma del 1999, che contenga nella nuova stesura gli impegni assunti il 10 luglio 2007 e relativi alla nautica, all’aerospaziale, alla filiera della formazione e dell’istruzione, al rilancio delle attività produttive e delle infrastrutturazioni.
L’urgenza di un piano di reindustrializzazione dell’Isola, e nei siti interessati da interventi di risanamento è indispensabile specificare gli interventi e le risorse finanziarie utili alle bonifiche ambientali.
Le emergenze dell’ultimo periodo, che si aggiungono a quelle ormai cronicizzate, dei 3.500 lavoratori a rischio nel petrolchimico di portotorres, a portovesme per la crisi eurallumina (500 lavoratori interessati), la situazione di stallo sui problemi riguardanti alcoa e portovesme srl.
Memoria sullo stato della chimica sarda
La chimica italiana ormai ha perso i grandi gruppi di livello internazionale nel settore. Ad esempio snia montedison hanno quasi azzerato le loro produzioni. eni con polimeri europa resta l’unica grande azienda con una società petrolchimica di rilievo internazionale.Gli stabilimenti eni, di polimeri europa, più importanti sono situati a marghera, ravenna, mantova, ferrara, priolo, brindisi, cirò marina, portotorres e sarroch in Sardegna.sindyal ha ancora a Marghera e ad Assemini la produzione del cloro per fare pvc.Il sistema produttivo del pvc è proprietà di ineos, con produzioni a marghera, ravenna, portotorres.
Il sindacato sardo ha sottoscritto nel 2003 un Accordo di Programma con Governo e Giunta regionale per rilanciare i tre siti di Cagliari (assemini-sarroch), ottana e portotorres. L’Accordo ha una dotazione 300 milioni di euro: 200 a carico dello Stato e 100 a carico della Regione Sardegna.Gli obiettivi fondamentali erano:
Il mantenimento delle produzioni esistenti;
Il consolidamento delle produzioni, ma sviluppandole, verticalizzandole e insediandone altre ad esse attinenti;
La bonifica di tutti i terreni e la riconsegna per nuovi insediamenti (compito eni).
Per quel che concerne l’attuazione dell’Accordo di Programma si evidenzia che solo equipolimeri, a ottana, ha utilizzato 36 milioni di euro per sviluppare una nuova linea produttiva. Lo stabilimento, ora, sta producendo con fermate annue di tre/quattro mesi.ineos italia, che è il ramo industriale di ineos international per l’Italia, ha presentato un progetto per acquisire il cloro di Assemini e investire a Marghera, portotorres, assemini e ravenna per rilanciare e ampliare la produzione del PVC.Però, a distanza di 5 anni, per problemi connessi anche a concessioni di tipo ambientale ed energetici, ma anche per l’ostilità di eni, che doveva vendere il sito di Assemini, il cloro di Marghera con una centrale, il progetto ineos non ha trovato compimento. Difficoltà accentuate per l’indebitamento di ineos italia.
A seguito di queste e altre difficoltà, è maturata dunque la scelta di individuare altri eventuali imprenditori interessati a realizzare il progetto.
La cisl sarda, nel suo insieme, a questo proposito, ritiene che:
il Governo debba intervenire perché eni rafforzi e sviluppi il piano chimico a livello nazionale sardo. Si tratterebbe di una scelta e di una definizione ottimale del problema;
in assenza di certezze sugli impegni eni, e solo dopo aver esperito tutti i tentativi, è comunque indispensabile rivolgersi ad altri imprenditori in grado di sviluppare il progetto chimico;
l’Accordo di Programma per la chimica sarda, non attuato per responsabilità di diversa natura, anche dei Governi e della Giunta regionale, debba rappresentare un tassello fondamentale anche nel rilancio della chimica nazionale.
In questa direzione è indispensabile riaprire il confronto a Palazzo Chigi, sia per scongiurare le decisioni assunte da ENI per portotorres sia per garantire la totale attuazione dell’Accordo
31 dicembre 2008
30 dicembre 2008
Unilever, cassa integrazione finita
L'Unione Sarda 30/12/2008 pag 21
Nulla di fatto nell'incontro di ieri all'assessorato del Lavoro con sindacati e azienda
Unilever, cassa integrazione finita
Inutile l'intervento della Regione: ex dipendenti in mobilità
Nulla di fatto nell'incontro di ieri mattina all'assessorato regionale del Lavoro.
E per i lavoratori dell'Unilever ci sarà la mobilità.
Se il Natale è andato storto il Capodanno si preannuncia ancora peggiore. Per i lavoratori dell'Unilever, con la scadenza della cassa integrazione straordinaria del 31 dicembre si chiude un capitolo e se ne apre uno più dolente, quello dei licenziamenti.
Dal 1° gennaio i sessantasette cassaintegrati della fabbrica di viale Marconi che produceva gelati Algida saranno in mobilità. Ha avuto l'epilogo più temuto dai lavoratori l'incontro, convocato ieri dall'assessorato regionale del Lavoro, con i rappresentanti aziendali. «Nonostante le garanzie offerte dall'assessorato», ricostruisce Raffaele Lecca, segretario regionale della Flai-Cgil, che ha partecipato alla riunione insieme a Francesco Piras, della Fai-Cisl e Pasquale Deiana, Uila-Uil, «l'azienda si è rifiutata di firmare la richiesta per la cassa integrazione in deroga. È stata protagonista di una vera e propria sceneggiata, iniziata nelle scorse settimane, mostrandosi disponibile a firmare. Invece, sapeva fin da subito quale sarebbe stata la decisione finale».
LA VICENDA Lo scorso 22 dicembre, nella sede cagliaritana di Confindustria, l'Unilever aveva chiesto un aggiornamento dell'incontro perché «voleva avere garanzie da parte della Regione, che aveva comunque assicurato in una lettera la sua disponibilità all'attivazione della cassa integrazione in deroga». A quel punto una nuova riunione era stata fissata per ieri. La firma, però, non c'è stata. E la delusione ha un sapore ancora più amaro, perché arriva dopo aver avuto una minima speranza di raggiungere un risultato. «Peggio di così non sarebbe potuta andare», commenta Francesco Piras, Fai-Cisl. «L'azienda ha avuto un atteggiamento vile e ha offeso lavoratori e istituzioni. È un oltraggio alla Sardegna. Non ci saremmo aspettati una conclusione del genere. Ora, dal 2009, scatterà la mobilità, che sarà di due, tre o quattro anni a seconda dell'età». Per Pasquale Deiana, Uila-Uil, «l'azienda se n'è lavata le mani. Eppure lo strumento della cassa integrazione in deroga avrebbe avuto costi limitati per l'Unilever».
MARIANGELA LAMPIS
Nulla di fatto nell'incontro di ieri all'assessorato del Lavoro con sindacati e azienda
Unilever, cassa integrazione finita
Inutile l'intervento della Regione: ex dipendenti in mobilità
Nulla di fatto nell'incontro di ieri mattina all'assessorato regionale del Lavoro.
E per i lavoratori dell'Unilever ci sarà la mobilità.
Se il Natale è andato storto il Capodanno si preannuncia ancora peggiore. Per i lavoratori dell'Unilever, con la scadenza della cassa integrazione straordinaria del 31 dicembre si chiude un capitolo e se ne apre uno più dolente, quello dei licenziamenti.
Dal 1° gennaio i sessantasette cassaintegrati della fabbrica di viale Marconi che produceva gelati Algida saranno in mobilità. Ha avuto l'epilogo più temuto dai lavoratori l'incontro, convocato ieri dall'assessorato regionale del Lavoro, con i rappresentanti aziendali. «Nonostante le garanzie offerte dall'assessorato», ricostruisce Raffaele Lecca, segretario regionale della Flai-Cgil, che ha partecipato alla riunione insieme a Francesco Piras, della Fai-Cisl e Pasquale Deiana, Uila-Uil, «l'azienda si è rifiutata di firmare la richiesta per la cassa integrazione in deroga. È stata protagonista di una vera e propria sceneggiata, iniziata nelle scorse settimane, mostrandosi disponibile a firmare. Invece, sapeva fin da subito quale sarebbe stata la decisione finale».
LA VICENDA Lo scorso 22 dicembre, nella sede cagliaritana di Confindustria, l'Unilever aveva chiesto un aggiornamento dell'incontro perché «voleva avere garanzie da parte della Regione, che aveva comunque assicurato in una lettera la sua disponibilità all'attivazione della cassa integrazione in deroga». A quel punto una nuova riunione era stata fissata per ieri. La firma, però, non c'è stata. E la delusione ha un sapore ancora più amaro, perché arriva dopo aver avuto una minima speranza di raggiungere un risultato. «Peggio di così non sarebbe potuta andare», commenta Francesco Piras, Fai-Cisl. «L'azienda ha avuto un atteggiamento vile e ha offeso lavoratori e istituzioni. È un oltraggio alla Sardegna. Non ci saremmo aspettati una conclusione del genere. Ora, dal 2009, scatterà la mobilità, che sarà di due, tre o quattro anni a seconda dell'età». Per Pasquale Deiana, Uila-Uil, «l'azienda se n'è lavata le mani. Eppure lo strumento della cassa integrazione in deroga avrebbe avuto costi limitati per l'Unilever».
MARIANGELA LAMPIS
27 dicembre 2008
Sardegna - L'industria brucia 21 mila buste paga
Cresce l'esercito dei disoccupati sardi. Nel terzo trimestre del 2008, i senza lavoro aumentano del 27%, a quota 16 mila unità. L'incremento - come sottolinea il Centro studi dell'Unione Sarda - è di molto superiore a quello nazionale (+9%) e meridionale (+7%). A fotografare la crisi che si respira nell'isola è l'Istat (ndr vedi nota del Centro Studi Confindustria Sardegna). Una crisi che travolge soprattutto l'industria. Gli occupati del comparto manifatturiero, nel secondo trimestre 2008, raggiungono 120 mila unità, ma erano 141 mila nell'analogo trimestre del 2007 (21 mila addetti in meno). Anche rispetto all'anno precedente (al 3° trimestre 2007) la perdita è di 21 mila unità.
L'EDILIZIA E se la passa male, nel comparto industriale, soprattutto l'edilizia: c'è un calo di 11 mila persone nel confronto col trimestre precedente. Il paragone anno su anno non migliora di molto il risultato: sono 9 mila gli occupati in meno. «Purtroppo le difficoltà delle imprese edili si stanno abbattendo sui lavoratori», commenta Giovanni Battista Idda , presidente regionale della Confartigianato edilizia. «Ed è un cane che si morde la coda. Un esempio? La chimica che lascia a casa 3.500 persone si riflette sulle costruzioni. Chi ha perso il posto», ricorda Idda, «di certo non ha in mente di comprare o cambiare casa». Quali sono le soluzioni, allora? «Una passaggio fondamentale per sostenere l'economia e quindi il lavoro», prosegue Valentina Meloni , numero uno dell'Aniem Api sarda, «è certamente quello di sbloccare le risorse per le opere pubbliche. Anche gli incentivi fiscali possono essere utili ma non sono sufficienti: è necessario riavviare i cantieri per rimettere in moto l'economia».
I SERVIZI L'unica nota positiva dell'Istat è l'incremento dei servizi: rispetto a un anno fa la crescita è di 25 mila addetti. L'andamento si attesta su un +8 mila unità se si considera l'aumento sul secondo trimestre 2008. «Il miglioramento del terziario rispecchia un trend internazionale che va avanti da anni», evidenzia Massimo Putzu , leader regionale di Confindustria. «È vero che in questo comparto si trova il maggior numero di precari, ma è altrettanto vero che nei servizi ci sono aziende innovative, capaci di creare sana occupazione». In generale, però, il tasso di disoccupazione nell'isola resta alto: al 10,8% rispetto all'8,7% di un anno fa.
L'INDUSTRIA Ma il vero malato è l'industria. «I numeri dell'Istat confermano il timore di un arretramento significativo del nostro sistema produttivo», sottolinea Giovanni Matta , segretario regionale della Cisl. «Il calo degli occupati nel settore industriale raggiunge il dato più consistente degli ultimi tempi e si somma all'aumento della cassa integrazione straordinaria, che nel 2008 è cresciuta del 40% sul 2007, con oltre 1.600.000 ore in più rispetto allo scorso anno».
Secondo Matta, le statistiche «dimostrano che ormai non è possibile indugiare oltre nell'approntare politiche strutturali in grado di affrontare la crisi finanziaria che incombe sull'economia italiana: in modo particolare sul debole sistema sardo. Soprattutto, occorre difendere l'industria», aggiunge il sindacalista, «agendo sui fattori che generano diseconomie e ostacolano l'insediamento di nuove intraprese». I costi di «energia e trasporti» sono poi «i due elementi da aggredire con forza unitamente al miglioramento del sistema infrastrutturale materiale e immateriale». Molto preoccupato anche Giampaolo Diana , segretario generale della Cgil sarda. «Stiamo rischiando il collasso dell'economia: la crisi sta mettendo in ginocchio le piccole imprese. È indispensabile che il governo e la Regione mettano in campo politiche anticiliche, a sostegno dei redditi e della produzion».
LA REGIONE Infine, le critiche. «Purtroppo», conclude Matta, «non sono questi gli argomenti che assillano la politica regionale, preoccupata invece di altre questioni». È sulla stessa linea Francesca Ticca , segretario generale della Uil Sardegna: «La Regione non ha messo in campo un piano sulle politiche attive del lavoro e oggi ne paghiamo le conseguenze».
L'EDILIZIA E se la passa male, nel comparto industriale, soprattutto l'edilizia: c'è un calo di 11 mila persone nel confronto col trimestre precedente. Il paragone anno su anno non migliora di molto il risultato: sono 9 mila gli occupati in meno. «Purtroppo le difficoltà delle imprese edili si stanno abbattendo sui lavoratori», commenta Giovanni Battista Idda , presidente regionale della Confartigianato edilizia. «Ed è un cane che si morde la coda. Un esempio? La chimica che lascia a casa 3.500 persone si riflette sulle costruzioni. Chi ha perso il posto», ricorda Idda, «di certo non ha in mente di comprare o cambiare casa». Quali sono le soluzioni, allora? «Una passaggio fondamentale per sostenere l'economia e quindi il lavoro», prosegue Valentina Meloni , numero uno dell'Aniem Api sarda, «è certamente quello di sbloccare le risorse per le opere pubbliche. Anche gli incentivi fiscali possono essere utili ma non sono sufficienti: è necessario riavviare i cantieri per rimettere in moto l'economia».
I SERVIZI L'unica nota positiva dell'Istat è l'incremento dei servizi: rispetto a un anno fa la crescita è di 25 mila addetti. L'andamento si attesta su un +8 mila unità se si considera l'aumento sul secondo trimestre 2008. «Il miglioramento del terziario rispecchia un trend internazionale che va avanti da anni», evidenzia Massimo Putzu , leader regionale di Confindustria. «È vero che in questo comparto si trova il maggior numero di precari, ma è altrettanto vero che nei servizi ci sono aziende innovative, capaci di creare sana occupazione». In generale, però, il tasso di disoccupazione nell'isola resta alto: al 10,8% rispetto all'8,7% di un anno fa.
L'INDUSTRIA Ma il vero malato è l'industria. «I numeri dell'Istat confermano il timore di un arretramento significativo del nostro sistema produttivo», sottolinea Giovanni Matta , segretario regionale della Cisl. «Il calo degli occupati nel settore industriale raggiunge il dato più consistente degli ultimi tempi e si somma all'aumento della cassa integrazione straordinaria, che nel 2008 è cresciuta del 40% sul 2007, con oltre 1.600.000 ore in più rispetto allo scorso anno».
Secondo Matta, le statistiche «dimostrano che ormai non è possibile indugiare oltre nell'approntare politiche strutturali in grado di affrontare la crisi finanziaria che incombe sull'economia italiana: in modo particolare sul debole sistema sardo. Soprattutto, occorre difendere l'industria», aggiunge il sindacalista, «agendo sui fattori che generano diseconomie e ostacolano l'insediamento di nuove intraprese». I costi di «energia e trasporti» sono poi «i due elementi da aggredire con forza unitamente al miglioramento del sistema infrastrutturale materiale e immateriale». Molto preoccupato anche Giampaolo Diana , segretario generale della Cgil sarda. «Stiamo rischiando il collasso dell'economia: la crisi sta mettendo in ginocchio le piccole imprese. È indispensabile che il governo e la Regione mettano in campo politiche anticiliche, a sostegno dei redditi e della produzion».
LA REGIONE Infine, le critiche. «Purtroppo», conclude Matta, «non sono questi gli argomenti che assillano la politica regionale, preoccupata invece di altre questioni». È sulla stessa linea Francesca Ticca , segretario generale della Uil Sardegna: «La Regione non ha messo in campo un piano sulle politiche attive del lavoro e oggi ne paghiamo le conseguenze».
24 dicembre 2008
Ex Algida, incontro tra azienda e sindacati
L'Unione Sarda Mercoledì 24 dicembre 2008 pag 27
Un incontro fra Unilever e sindacati è stato promosso dall'assessorato regionale del Lavoro per scongiurare la fine della cassa integrazione e, dunque, il licenziamento dei dipendenti, che potrebbero lasciare l'azienda dal primo gennaio. L'appuntamento è fissato per il 29 dicembre alle 11.30 nella sede dell'assessorato, in via XXVIII febbraio.«Non è vero che la Regione non ha fatto sentire la propria voce», si legge in una nota. «Lo ha fatto nell'unico modo in cui poteva, ossia inviando, come peraltro richiesto dalla stessa Unilever attraverso l'Associazione degli Industriali, una comunicazione chiara ed inequivocabile circa la propria volontà di attivare le procedure per la Cassa Integrazione Guadagni in deroga a partire, come detto, dal 1 gennaio 2009».
Un incontro fra Unilever e sindacati è stato promosso dall'assessorato regionale del Lavoro per scongiurare la fine della cassa integrazione e, dunque, il licenziamento dei dipendenti, che potrebbero lasciare l'azienda dal primo gennaio. L'appuntamento è fissato per il 29 dicembre alle 11.30 nella sede dell'assessorato, in via XXVIII febbraio.«Non è vero che la Regione non ha fatto sentire la propria voce», si legge in una nota. «Lo ha fatto nell'unico modo in cui poteva, ossia inviando, come peraltro richiesto dalla stessa Unilever attraverso l'Associazione degli Industriali, una comunicazione chiara ed inequivocabile circa la propria volontà di attivare le procedure per la Cassa Integrazione Guadagni in deroga a partire, come detto, dal 1 gennaio 2009».
23 dicembre 2008
Notizie del 23/12/2008
L'Unione Sarda pag 13
Non si trova un accordo sulla cassa integrazione: lavoratori disperati
Unilever, nessuna proroga
Martedì 23 dicembre 2008
Non hanno potuto tirare un respiro di sollievo, ieri, i settanta lavoratori dell'Unilever che avrebbero voluto portare a casa la proroga della cassa integrazione straordinaria, in scadenza il 31 dicembre. Nella sede cagliaritana di Confindustria si è tenuto nel pomeriggio un incontro tra rappresentanti dell'azienda e sindacati. La speranza dei dipendenti della multinazionale che a Cagliari produceva gelati Algida era quella di ottenere la firma sul documento di richiesta di ammortizzatori sociali. «Da inoltrare al ministero del Lavoro attraverso la Regione», spiega Rita Poddesu, della Flai-Cgil. L'azienda ha scelto invece di «non firmare il verbale di accordo perché prima avrebbe voluto conoscere il parere della Regione».
ACCORDO SALTATO Non è bastato il fax inviato dall'assessorato del Lavoro, con «l'impegno a concedere la proroga e la garanzia della disponibilità finanziaria», ricostruisce Pasquale Deiana, della Uila-Uil. «L'azienda ha spiegato che avrebbe voluto incontrare direttamente la Regione e fare una sorta di accordo istituzionale». Si sarebbe dunque potuto portare a termine questo passaggio, secondo alcuni lavoratori, «se la Regione fosse stata presente o se avesse consultato per tempo l'azienda». I sindacati, fa sapere Francesco Piras della Fai-Cisl, avevano «provveduto a contattare gli uffici dell'assessorato del Lavoro per informarli dell'incontro. Invece, per una questione formale la firma, con la conseguente attivazione delle procedure necessarie, non c'è stata».
LA PROTESTA A quel punto una cinquantina di lavoratori si è spostata sotto il palazzo del Consiglio regionale, in via Roma, per sollecitare un incontro urgente tra tutte le parti. Una delegazione è stata ricevuta dall'assessore Romina Congera e un nuovo incontro è stato fissato per il 29 dicembre, a due giorni dalla scadenza della cassa integrazione. «I tempi sono strettissimi», dice Rita Poddesu, «i lavoratori hanno ricevuto le lettere di licenziamento e il primo gennaio, se non si dovesse sottoscrivere la richiesta, scatterebbe la mobilità». In altri termini, licenziamento e niente più cassa integrazione. ( ma. lam. )
Sito della Regione Sardegna
Il 29 dicembre incontro alla Regione per l'Unilever
L'assessore regionale del lavoro, preso atto della situazione di stallo in cui versa la questione Unilever, ha ritenuto opportuno promuovere di un incontro fra le parti, alla presenza dell'assessorato regionale del lavoro con l'esclusivo ruolo di mediatore, e con l'obiettivo primo di scongiurare per i lavoratori ex Algida, il rischio dei licenziamenti.
CAGLIARI, 23 DICEMBRE 2008 - Con riferimento a quanto apparso su un quotidiano sardo sull'esito dell'incontro fra azienda e OOSS, sulla vicenda Unilever di Cagliari, l'assessorato regionale del Lavoro comunica: In tali situazioni le procedure sono ben conosciute dagli addetti ai lavori. Esse impongono che vi sia un accordo preliminare fra le parti, ossia fra l'azienda e le organizzazioni sindacali. L'assessorato, per parte sua, ha fatto pervenire la sua piena disponibilità all'attivazione, a far data dal 1 gennaio 2009, della cassa integrazione in deroga, così da impedire i licenziamenti, le cui procedure sono già in atto e sono previsti dal 1/1/2009. Non è pertanto corretto affermare che la Regione non ha fatto sentire la propria voce. E' vero invece che lo ha fatto, e chiaramente, nell'unico modo in cui poteva, ossia inviando, come peraltro richiesto dalla stessa azienda Unilever attraverso l'Associazione degli Industriali, una comunicazione chiara ed inequivocabile circa la propria volontà di attivare le procedure per la Cassa Integrazione Guadagni in deroga a partire, come detto, dal 1 gennaio 2009. Ad ogni buon conto, l'assessore regionale del lavoro Romina Congera, preso atto con rammarico della situazione di stallo in cui versa la questione Unilever, ha ritenuto opportuno promuovere di un incontro fra le parti, alla presenza dell'assessorato regionale del lavoro con l'esclusivo ruolo di mediatore, e con l'obiettivo primo di scongiurare per i lavoratori ex Algida, il rischio dei licenziamenti. L'incontro è fissato per lunedì 29 dicembre alle ore 11.30, presso l'assessorato regionale del Lavoro, in Via XXVIII febbraio, a Cagliari.
Non si trova un accordo sulla cassa integrazione: lavoratori disperati
Unilever, nessuna proroga
Martedì 23 dicembre 2008
Non hanno potuto tirare un respiro di sollievo, ieri, i settanta lavoratori dell'Unilever che avrebbero voluto portare a casa la proroga della cassa integrazione straordinaria, in scadenza il 31 dicembre. Nella sede cagliaritana di Confindustria si è tenuto nel pomeriggio un incontro tra rappresentanti dell'azienda e sindacati. La speranza dei dipendenti della multinazionale che a Cagliari produceva gelati Algida era quella di ottenere la firma sul documento di richiesta di ammortizzatori sociali. «Da inoltrare al ministero del Lavoro attraverso la Regione», spiega Rita Poddesu, della Flai-Cgil. L'azienda ha scelto invece di «non firmare il verbale di accordo perché prima avrebbe voluto conoscere il parere della Regione».
ACCORDO SALTATO Non è bastato il fax inviato dall'assessorato del Lavoro, con «l'impegno a concedere la proroga e la garanzia della disponibilità finanziaria», ricostruisce Pasquale Deiana, della Uila-Uil. «L'azienda ha spiegato che avrebbe voluto incontrare direttamente la Regione e fare una sorta di accordo istituzionale». Si sarebbe dunque potuto portare a termine questo passaggio, secondo alcuni lavoratori, «se la Regione fosse stata presente o se avesse consultato per tempo l'azienda». I sindacati, fa sapere Francesco Piras della Fai-Cisl, avevano «provveduto a contattare gli uffici dell'assessorato del Lavoro per informarli dell'incontro. Invece, per una questione formale la firma, con la conseguente attivazione delle procedure necessarie, non c'è stata».
LA PROTESTA A quel punto una cinquantina di lavoratori si è spostata sotto il palazzo del Consiglio regionale, in via Roma, per sollecitare un incontro urgente tra tutte le parti. Una delegazione è stata ricevuta dall'assessore Romina Congera e un nuovo incontro è stato fissato per il 29 dicembre, a due giorni dalla scadenza della cassa integrazione. «I tempi sono strettissimi», dice Rita Poddesu, «i lavoratori hanno ricevuto le lettere di licenziamento e il primo gennaio, se non si dovesse sottoscrivere la richiesta, scatterebbe la mobilità». In altri termini, licenziamento e niente più cassa integrazione. ( ma. lam. )
Sito della Regione Sardegna
Il 29 dicembre incontro alla Regione per l'Unilever
L'assessore regionale del lavoro, preso atto della situazione di stallo in cui versa la questione Unilever, ha ritenuto opportuno promuovere di un incontro fra le parti, alla presenza dell'assessorato regionale del lavoro con l'esclusivo ruolo di mediatore, e con l'obiettivo primo di scongiurare per i lavoratori ex Algida, il rischio dei licenziamenti.
CAGLIARI, 23 DICEMBRE 2008 - Con riferimento a quanto apparso su un quotidiano sardo sull'esito dell'incontro fra azienda e OOSS, sulla vicenda Unilever di Cagliari, l'assessorato regionale del Lavoro comunica: In tali situazioni le procedure sono ben conosciute dagli addetti ai lavori. Esse impongono che vi sia un accordo preliminare fra le parti, ossia fra l'azienda e le organizzazioni sindacali. L'assessorato, per parte sua, ha fatto pervenire la sua piena disponibilità all'attivazione, a far data dal 1 gennaio 2009, della cassa integrazione in deroga, così da impedire i licenziamenti, le cui procedure sono già in atto e sono previsti dal 1/1/2009. Non è pertanto corretto affermare che la Regione non ha fatto sentire la propria voce. E' vero invece che lo ha fatto, e chiaramente, nell'unico modo in cui poteva, ossia inviando, come peraltro richiesto dalla stessa azienda Unilever attraverso l'Associazione degli Industriali, una comunicazione chiara ed inequivocabile circa la propria volontà di attivare le procedure per la Cassa Integrazione Guadagni in deroga a partire, come detto, dal 1 gennaio 2009. Ad ogni buon conto, l'assessore regionale del lavoro Romina Congera, preso atto con rammarico della situazione di stallo in cui versa la questione Unilever, ha ritenuto opportuno promuovere di un incontro fra le parti, alla presenza dell'assessorato regionale del lavoro con l'esclusivo ruolo di mediatore, e con l'obiettivo primo di scongiurare per i lavoratori ex Algida, il rischio dei licenziamenti. L'incontro è fissato per lunedì 29 dicembre alle ore 11.30, presso l'assessorato regionale del Lavoro, in Via XXVIII febbraio, a Cagliari.
19 dicembre 2008
Il triste Natale dei lavoratori Unilever
I dipendenti dello stabilimento hanno ricevuto nei giorni scorsi le lettere di licenziamento.
Scade la cassa integrazione: nessuna certezza sul rinnovo
È un Natale amaro quello che vivono i dipendenti della Unilever: la cassa integrazione è in scadenza. Non resta che sperare nella proroga.
Unilever punto e a capo. Si avvicina la scadenza della cassa integrazione straordinaria, fissata il 31 dicembre, ma la clessidra del futuro dei lavoratori dello stabilimento di viale Marconi ancora non è stata capovolta.
È un Natale amaro quello che vivono i dipendenti della Unilever: la cassa integrazione è in scadenza. Non resta che sperare nella proroga.
Unilever punto e a capo. Si avvicina la scadenza della cassa integrazione straordinaria, fissata il 31 dicembre, ma la clessidra del futuro dei lavoratori dello stabilimento di viale Marconi ancora non è stata capovolta.
Se da una parte, i dipendenti, circa una settantina, sperano in una seconda boccata di ossigeno della durata di altri 12 mesi, che arriverebbe con una deroga dell'ammortizzatore sociale, dall'altra cedono allo sconforto, davanti allo spettro di una mobilità che si sta materializzando con le lettere di licenziamento recapitate quasi alla vigilia di Natale.
La multinazionale, infatti, che nello stabilimento cagliaritano produceva gelati Algida, proprio in questi giorni sta inviando ai lavoratori la comunicazione di «risoluzione del rapporto di lavoro per riduzione di personale».
LA SPERANZA Non proprio un fulmine a ciel sereno, si tratta di un passaggio già previsto che non dovrebbe influire su un'eventuale proroga della cassa integrazione, di cui si dovrebbe discutere a Cagliari in un incontro previsto lunedì prossimo tra azienda e organizzazioni sindacali. Questo non significa che non sia un regalo poco gradito, oltretutto a una manciata di giorni dalle feste. Che non potranno mai essere come quelle di «due anni fa, quando la nostra situazione lavorativa era serena a mai ci saremmo potuti aspettare un epilogo del genere», dice amareggiato Marco Cauli, rappresentante Rsu.
E invece, la terra sotto i piedi ha iniziato a tremare.L'accordo-salvagente, firmato da delegati aziendali, l'assessore regionale Romina Congera, quello provinciale Piero Comandini, sindacati e rappresentanti di Confindustria, un anno fa c'è stato. Il problema è che nel frattempo nessuno ha rilevato le quote. I cancelli sono rimasti blindati, qualcuno è stato accompagnato alla pensione, altri hanno chiesto un anticipo del Tfr e tutti hanno dovuto rivedere i propri programmi di vita. «Prima potevo permettermi di acquistare regali per parenti e amici ma ora no», lamenta Cauli, «non posso regalare proprio nulla a nessuno».
LA PROROGA L'unica consolazione, almeno sotto Natale, potrebbe essere «la proroga, opportuna per chi potrà avvicinarsi alla pensione ma anche per i giovani, che potranno avere un altro anno di respiro», dice Salvatore Cadelano, dipendente. Anche se, sotto l'albero, o comunque a gennaio, è chiaro che si vorrebbe trovare «un piano industriale presentato da qualche acquirente davvero interessato».Il passaggio più vicino resta quello del 22 dicembre. Obiettivo proroga, anche per «cercare di creare le condizioni perché», auspica Francesco Piras, della Fai Cisl, «con l'intervento di qualche imprenditore locale possa riprendere l'attività produttiva».
I tempi stringono: «Si è aspettato l'ultimo minuto», dice Pasquale Deiana, Uila-Uil. Rita Poddesu, Flai-Cgil, crede che «una proroga venga raggiunta, siamo fiduciosi». A far ben sperare è anche la disponibilità espressa dall'azienda proprio ieri, a Roma, nel corso di un incontro con le segreterie sindacali nazionali sul nuovo assetto societario, durante il quale si è fatto un veloce cenno anche a Cagliari.
CALIGARIS A rilanciare la necessità di un prolungamento della cassa integrazione è il consigliere regionale socialista Maria Grazia Caligaris (Ps), che richiama l'attenzione «sull'ennesimo dramma che richiede una reazione forte da parte della Regione, anche perché il tessuto industriale dell'isola si è talmente indebolito da non consentire l'assorbimento dei lavoratori in altri settori». Se non sarà avviata la richiesta di deroga della cassa integrazione, per la Caligaris, «la nuova batosta della lettera di licenziamento, dal primo gennaio, farà accrescere il numero dei disoccupati nell'isola».
MARIANGELA LAMPIS
16 dicembre 2008
Regione Sardegna,Unilever Cagliari Altri 67 disoccupati
13 dic. - REGIONE, Unilever, «Altri 67 disoccupati» “Si chiude con la lettera di licenziamento recapitata a una settantina di ex lavoratori dalla direzione del personale dell’azienda Unilever Italia la storia dello stabilimento cagliaritano della multinazionale che produce i gelati Algida. Una nuova batosta che dal primo gennaio, se non sarà immediatamente avviata la richiesta di deroga della cassa integrazione straordinaria, vedrà accrescere il numero dei disoccupati nell’Isola”. Lo afferma la consigliera regionale socialista Maria Grazia Caligaris (PS) con riferimento alla lettera con cui l’azienda ha comunicato agli ex lavoratori la “risoluzione del rapporto di lavoro per riduzione di personale”. (red) (admaioramedia.it)
7 dicembre 2008
Unilever Qui Chiude, Altrove Assume
Sabato 06 dicembre 2008
Vertenza Unilever
Qui chiude, altrove assume
La terza pagina de L'Unione Sarda di martedì è dedicata alla drammatica emergenza del lavoro in Sardegna. In un trafiletto si cita uno studio elaborato dalla Cgil che denuncia la perdita di 6 mila buste paga nel settore industriale. Nel settore agroindustriale non viene menzionata la vicenda della multinazionale Unilever-Algida di Cagliari, che riguarda circa 200 famiglie. Eppure è una vertenza ancora aperta, ed è tuttora di grande richiamo. Al punto che, per ben tre volte, è stata discussa sui tavoli della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
Strana vicenda, questa: una multinazionale chiude una fabbrica modello in Sardegna in nome di una ristrutturazione che prevede tante esternalizzazioni. E contemporaneamente assume 70 addetti in Campania, inaugurando un nuovo sito. Dulcis in fundo è di questi giorni la notizia, pubblicata da importanti settimanali di economia e poi rimbalzata su tg nazionali, di 200 nuove assunzioni in tutta Italia operate dall'Unilever. Escludendo ancora una volta la Sardegna. In conclusione, non sono 6 mila le buste paga perse in Sardegna in un anno, bensì 6200. Spero che dall'elaborazione dalla Cgil non manchino altri sfortunati lavoratori come me.
Ai disoccupati, tutta la solidarietà mia e dei miei colleghi.
PIETRO SCHEPIS
Ex lavoratore Unilever
Vertenza Unilever
Qui chiude, altrove assume
La terza pagina de L'Unione Sarda di martedì è dedicata alla drammatica emergenza del lavoro in Sardegna. In un trafiletto si cita uno studio elaborato dalla Cgil che denuncia la perdita di 6 mila buste paga nel settore industriale. Nel settore agroindustriale non viene menzionata la vicenda della multinazionale Unilever-Algida di Cagliari, che riguarda circa 200 famiglie. Eppure è una vertenza ancora aperta, ed è tuttora di grande richiamo. Al punto che, per ben tre volte, è stata discussa sui tavoli della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
Strana vicenda, questa: una multinazionale chiude una fabbrica modello in Sardegna in nome di una ristrutturazione che prevede tante esternalizzazioni. E contemporaneamente assume 70 addetti in Campania, inaugurando un nuovo sito. Dulcis in fundo è di questi giorni la notizia, pubblicata da importanti settimanali di economia e poi rimbalzata su tg nazionali, di 200 nuove assunzioni in tutta Italia operate dall'Unilever. Escludendo ancora una volta la Sardegna. In conclusione, non sono 6 mila le buste paga perse in Sardegna in un anno, bensì 6200. Spero che dall'elaborazione dalla Cgil non manchino altri sfortunati lavoratori come me.
Ai disoccupati, tutta la solidarietà mia e dei miei colleghi.
PIETRO SCHEPIS
Ex lavoratore Unilever
6 dicembre 2008
CHIMICA: SINISTRA CRITICA SOLIDALE CON OPERAI ATTACCA REGIONE
Fonte :AGI
(AGI) - Cagliari, 6 dic. - Sinistra critica, movimento politico per la sinistra anticapitalista, esprime solidarieta’ ai lavoratori in agitazione a Porto Torres dopo la fermata di due mesi del petrolchimico. “In queste ore si paga la mancata applicazione dell’accordo sulla chimica del 2003, l’indifferenza del governo, la mancanza di una politica industriale della Giunta Soru, che Sinistra critica aveva gia’ denunciato come componente interna al Prc sardo”, si legge in un documento del movimento. “Piu’ in generale, si paga l’applicazione di un modello di sviluppo estraneo e calato dall’alto, dannoso per l’ambiente e che si e’ spesso accompagnato allo sradicamento di molte attivita’ produttive locali”.
“L’aggravarsi dell’agonia della chimica si affianca al disastro del settore tessile - vedi Legler e dintorni - e alle delocalizzazioni dell’agroalimentare, di cui e’ esemplare la chiusura dello stabilimento Unilever di Cagliari”, aggiunge Sinistra Critica. “Non possono essere i lavoratori a pagare la crisi indotta dell’industria chimica e l’irresponsabilita’ della classe politica e dirigente nazionale e regionale. In un contesto di crisi internazionale, appaiono come ciniche e irresponsabili le dimissioni del presidente della Giunta regionale, Renato Soru. A pochi mesi dalla conclusione naturale del suo mandato, il proprietario del 27,5% del capitale di Tiscali - azienda che ora denuncia 250 esuberi concentrati a Cagliari - ed editore dell’Unita’ fa piombare le dimissioni su una finanziaria regionale ancora in altro mare” .(AGI)
(AGI) - Cagliari, 6 dic. - Sinistra critica, movimento politico per la sinistra anticapitalista, esprime solidarieta’ ai lavoratori in agitazione a Porto Torres dopo la fermata di due mesi del petrolchimico. “In queste ore si paga la mancata applicazione dell’accordo sulla chimica del 2003, l’indifferenza del governo, la mancanza di una politica industriale della Giunta Soru, che Sinistra critica aveva gia’ denunciato come componente interna al Prc sardo”, si legge in un documento del movimento. “Piu’ in generale, si paga l’applicazione di un modello di sviluppo estraneo e calato dall’alto, dannoso per l’ambiente e che si e’ spesso accompagnato allo sradicamento di molte attivita’ produttive locali”.
“L’aggravarsi dell’agonia della chimica si affianca al disastro del settore tessile - vedi Legler e dintorni - e alle delocalizzazioni dell’agroalimentare, di cui e’ esemplare la chiusura dello stabilimento Unilever di Cagliari”, aggiunge Sinistra Critica. “Non possono essere i lavoratori a pagare la crisi indotta dell’industria chimica e l’irresponsabilita’ della classe politica e dirigente nazionale e regionale. In un contesto di crisi internazionale, appaiono come ciniche e irresponsabili le dimissioni del presidente della Giunta regionale, Renato Soru. A pochi mesi dalla conclusione naturale del suo mandato, il proprietario del 27,5% del capitale di Tiscali - azienda che ora denuncia 250 esuberi concentrati a Cagliari - ed editore dell’Unita’ fa piombare le dimissioni su una finanziaria regionale ancora in altro mare” .(AGI)
5 dicembre 2008
2 dicembre 2008
CISL: IN 2 ANNI A RISCHIO 900MILA POSTI NELL'INDUSTRIA
Repubblica.it/finanza
(AGI) - Roma, 2 dic. - Nei prossimi due anni sono a rischio, nell'industria manifatturiera e nelle costruzioni, circa 900.000 posti di lavoro. La stima e' contenuta nel 'Rapporto industria' della Cisl, curato da Gianni Baratta e Silvano Scajola. Non solo, secondo un calcolo del sindacato di via Po, attualmente quasi 180.000 lavoratori del settore industriale sono coinvolti in crisi e ristrutturazioni aziendali, molte delle quali sono maturate negli ultimi due mesi. Lo studio fornisce infatti una lunga lista che ha raggiunto il numero di 179.552 lavoratori, contro i 20.000/25.000 che si stimavano a giugno a rischio occupazione. "Non sono compresi - spiega il rapporto - perche' di difficile stima, i lavoratori interinali e con contratto a termine, cui non e' stato rinnovato il contratto". Per le aziende ci sono nomi importanti. "Oltre Fiat e Alitalia - spiega il segretario confederale, Gianni Baratta - la Guzzi, Lucchini, la Riello di Lecco, la Ratti di Como, Electrolux, Antonio Merloni, Pinin Farina e Carrozzerie Bertone, Granarolo, Campari, Unilever e Natuzzi. Diversi distretti industriali sono in difficolta', come la lana a Prato e Biella, la seta a Como, il calzaturiero nelle Marche, il mobile in Puglia e Basilicata, l'orafo ad Arezzo". Non solo: Baratta aggiunge che nelle ultime settimane si sono moltiplicati i segnali di difficolta' del sistema industriale che arrivano alle sedi sindacali, ben al di la' delle ultime rilevazioni ufficiali, ferme ad agosto o settembre, prima che la crisi finanziaria manifestasse i suoi effetti sull'economia reale. "Un esempio, fra i tanti - aggiunge - e' il quasi raddoppiato (+94%) a ottobre il numero dei lavoratori coinvolti da situazioni di crisi aziendale nell'industria meccanica della Lombardia, in appena tre mesi lavorativi". Secondo la Cisl, non e' difficile prevedere che, "in assenza di correttivi rilevanti, la recessione provochera' una selezione di tipo darwiniano, all'insegna della sopravvivenza dei piu' forti". Il sindacato di via Po spiega che sono maggiormente a rischio: l'area d'imprese, che pur non in crisi aperta, naviga sul filo della sopravvivenza; le imprese, d'ogni dimensione, piu' indebitate e poco solide dal punto di vista finanziario, gia' oggi sottoposte ad un ben piu' critico vaglio delle banche nella concessione di credito; le imprese dell'indotto fornitrici di componenti, costrette ad assorbire le difficolta' delle imprese clienti; i lavoratori con minore professionalita' e meno giovani; i lavoratori con contratti a termine.
(AGI) - Roma, 2 dic. - Nei prossimi due anni sono a rischio, nell'industria manifatturiera e nelle costruzioni, circa 900.000 posti di lavoro. La stima e' contenuta nel 'Rapporto industria' della Cisl, curato da Gianni Baratta e Silvano Scajola. Non solo, secondo un calcolo del sindacato di via Po, attualmente quasi 180.000 lavoratori del settore industriale sono coinvolti in crisi e ristrutturazioni aziendali, molte delle quali sono maturate negli ultimi due mesi. Lo studio fornisce infatti una lunga lista che ha raggiunto il numero di 179.552 lavoratori, contro i 20.000/25.000 che si stimavano a giugno a rischio occupazione. "Non sono compresi - spiega il rapporto - perche' di difficile stima, i lavoratori interinali e con contratto a termine, cui non e' stato rinnovato il contratto". Per le aziende ci sono nomi importanti. "Oltre Fiat e Alitalia - spiega il segretario confederale, Gianni Baratta - la Guzzi, Lucchini, la Riello di Lecco, la Ratti di Como, Electrolux, Antonio Merloni, Pinin Farina e Carrozzerie Bertone, Granarolo, Campari, Unilever e Natuzzi. Diversi distretti industriali sono in difficolta', come la lana a Prato e Biella, la seta a Como, il calzaturiero nelle Marche, il mobile in Puglia e Basilicata, l'orafo ad Arezzo". Non solo: Baratta aggiunge che nelle ultime settimane si sono moltiplicati i segnali di difficolta' del sistema industriale che arrivano alle sedi sindacali, ben al di la' delle ultime rilevazioni ufficiali, ferme ad agosto o settembre, prima che la crisi finanziaria manifestasse i suoi effetti sull'economia reale. "Un esempio, fra i tanti - aggiunge - e' il quasi raddoppiato (+94%) a ottobre il numero dei lavoratori coinvolti da situazioni di crisi aziendale nell'industria meccanica della Lombardia, in appena tre mesi lavorativi". Secondo la Cisl, non e' difficile prevedere che, "in assenza di correttivi rilevanti, la recessione provochera' una selezione di tipo darwiniano, all'insegna della sopravvivenza dei piu' forti". Il sindacato di via Po spiega che sono maggiormente a rischio: l'area d'imprese, che pur non in crisi aperta, naviga sul filo della sopravvivenza; le imprese, d'ogni dimensione, piu' indebitate e poco solide dal punto di vista finanziario, gia' oggi sottoposte ad un ben piu' critico vaglio delle banche nella concessione di credito; le imprese dell'indotto fornitrici di componenti, costrette ad assorbire le difficolta' delle imprese clienti; i lavoratori con minore professionalita' e meno giovani; i lavoratori con contratti a termine.
INDUSTRIA: CISL, NEI PROSSIMI 2 ANNI A RISCHIO 900 MILA POSTI DI LAVORO
(ASCA) - Roma, 2 dic - Nei prossimi 2 anni sono a rischio, nell'industria manifatturiera e nelle costruzioni, circa 900.000 posti di lavoro. L'allarme e' lanciato dalla Cisl che oggi ha presentato il ''rapporto industria 2008''. Secondo l'organizzazione sindacale, nel solo 2008, il numero di coloro a rischio occupazione sfiora le 180.000 unita', per l'esattezza 179.552, rispetto ai 20.000-25.000 stimati a giugno. E le aziende interessate hanno nomi importanti come Fiat, Alitalia, Lucchini, Electrolux, Granarolo, Unilever.Nel complesso, la Cisl stima che oltre il 5% dell'occupazione industriale sia oggi coinvolta in situazioni di crisi ed il dato tende a crescere.La confederazione guidata da Raffaele Bonanni usa una metafora forte: ''una parte del sistema industriale - afferma il rapporto - rischia di navigare al limite della linea di galleggiamento, al di sotto della quale si rischia di annegare. Resiste meglio chi ha polmoni finanziari piu' capaci''.
30 novembre 2008
26 novembre 2008
Flai Cgil Napoli aderirà a Sciopero Generale - Unilever Caivano 127 esuberi
Crisi mercati/ Flai Cgil Napoli aderirà a sciopero generale il 12
Ricci: Mancanza di risposte concrete richiede mobilitazione
Ricci: Mancanza di risposte concrete richiede mobilitazione
Napoli, 26 nov. (Apcom) - Il 12 dicembre la Flai Cgil di Napoli aderirà allo sciopero generale con il blocco delle attività di 8 ore. La decisione è stata presa all'attivo provinciale dei lavoratori dell'agroindustria convocato in preparazione della manifestazione nel capoluogo campano.
"La mancanza di una risposta concreta ed efficace dal Governo, unita alla particolarità e ai tanti punti di ricaduta dell'apparato produttivo dell'area napoletana, richiedono una giornata intera di mobilitazione - dichiara Nicola Ricci, segretario generale della Flai Cgil - Gli interventi del Governo di queste ore assumono per il Mezzogiorno solo l'amaro e poco dignitoso sapore di interventi caritatevoli, inutili e dannosi per un comparto agroalimentare della Campania fortemente sfibrato negli ultimi mesi".
Per Ricci il 60% delle aziende dell'agroindustria napoletana "oramai fa solo ricorso al monte ore di cassa integrazione, un altro 10% ha avviato procedure di mobilità, il restante è interessata da crisi di commesse e calo di volumi produttivi in un settore che ha quasi 10mila addetti".
Ricci ha ricordato l'esempio della Unilever di Caivano che, proprio in queste ore, ha dichiarato esuberi per 127 unità, il 10% della forza lavoro, a causa di un invenduto di gelati pari a quasi 10 milioni di litri. "Dati che la multinazionale olandese afferma essere diventati, per l'unico stabilimento di gelati in Italia, strutturali e congeniti. Senza tener conto - aggiunge Ricci - che il colosso alimentare ha chiuso in questi mesi lo stabilimento di Cagliari e quello di Barcellona".
Il secondo caso è rappresentato dai 30mila lavoratori agricoli della provincia di Napoli ai quali, da 11 mesi, non viene rinnovato il contratto provinciale di lavoro "minando irrimediabilmente il già diminuito potere d'acquisto dei braccianti che con 700-800 euro mensili riescono ad arrivare solo alla seconda settimana del mese".
13 novembre 2008
Unilever, cento posti di lavoro al macero
CAGLIARI. ‹‹Tra un mese e mezzo i cento lavoratori dell’Unilever saranno suil lastrico: non avranno più neanche la cassa integrazione. Quale sarà, da gennaio, il loro destino?››. Se lo chiede il segretario della Fai Cisl Francesco Piras, nel ricordare i disastri provocati da colosso alimentare anglo-olandese che mesi fa ha smantellato lo stabilimento di viale Marconi e mandato a casa dipendenti e stagionali. Nel frattempo, così come assicurato dai vertici, l’azienda continua a cercare un acquirente. ‹‹Siamo molto preoccupati - dice Piras -. Di più: temiamo che, dal primo gennaio, per tutti i dipendenti possa scattare il licenziamento e non abbiamo la certezza che si saranno gli ammortizzatori sociali. Dall’azienda, dopo la firma dell’accordo sulla cassa integrazione, mesi e mesi fa, non sappiamo più nulla. Men che meno abbiamo ricevuto rassicurazioni sul futuro dello stabilimento e, in questo senso, sul prosieguo delle trattative per una possibile cessione a un nuovo imprenditore. Insomma, intorno alla vertenza Unilever è calato il buio più nero››. A riaccendere i riflettori su una questione così delicata, caratterizzata dall’eventualità che cento famiglie si ritrovino in mezzo a una strada, potrebbero essere azioni di protesta clamorose. ‹‹La situazione è gravissima e tesa - avverte Francesco Piras -. Per questo, nei prossimi giorni individueremo le forme di lotta più incisive per riportare all’attenzione delle istituzioni, in primis la Regione, la questione Unilever››. Dal canto loro, la scorsa settimana i sindacati hanno chiesto un incontro con gli assessori regionali all’Industria, Concetta Rau, e al Lavoro, Romina Congera. Ma le sigle di categoria adesso puntano più in alto e hanno l’intenzione di chiedere l’intervento del ministero delle Attività produttive. ‹‹Aspettiamo un segnale dalla Regione - afferma il segretario della Fai Cisl -. Finora, abbiamo assistito alla totale impotenza delle istituzioni nell’individuare una strada percorribile per salvaguardare i posti e riprendere la produzione. Vorremmo sapere se la Regione ha preso contatto con l’azienda, e se ci sono contrattazioni in atto per una cessione degli impianti. Dopodiché, per muoverci e mobilitare i lavoratori non attenderemo di certo la scadenza della cassa integrazione: ancora qualche giorno e riprenderemo a lottare come abbiamo fatto finora››. È chiaro che i sindacati vogliono conquistare diversi punti fermi in queste settimane di novembre, per poi non trovarsi spiazzati a dicembre (a Natale quanti avranno voglia di ascoltare le disgrazie altrui?) e stare ancora peggio a gennaio. «La Regione non può voltarci le spalle», dicono i sindacati. Pablo Sole
«Unilever ci deve 1 milione per i danni»
il Tirreno — 10 giugno 2008 pagina 04 sezione: LUCCA
LUCCA. Undici anni di attesa, lavorando qua e là se andava bene, e versando i contributi all’Inps di tasca propria se andava male. Si capisce perché, da quel 30 marzo 1997 che vide la chiusura dello stabilimento della Bertolli di Sorbano del Giudice, gli otto ex operai che hanno fatto causa alla multinazionale olandese Unilever - proprietaria del marchio Bertolli - non hanno saputo darsi pace. Lunedì 23 la loro richiesta di risarcimento danni all’azienda, quantificabile in 1 milione di euro - una somma calcolata sugli anni trascorsi tra mobilità e disoccupazione - tornerà di fronte al giudice del tribunale del lavoro, che già a ottobre si era espresso per un possibile accordo tra le parti, in verità mai raggiunto. Stavolta però, secondo gli otto ex dipendenti, le voci sulle operazioni in corso della Unilever per la cessione del marchio (si dice sia interessata l’azienda olearia viareggina Salov) darebbero alla loro richiesta un peso specifico diverso. «La notizia della possibile cessione del marchio - dice Pierluigi Fanucchi, l’unico del gruppo a non aver ancora raggiunto la pensione - è la conferma della poco trasparenza dell’operazione che fu fatta 11 anni fa». L’operazione a cui si riferiscono è l’accordo stipulato il 3 marzo ’97 tra i vertici della Unilever e i rappresentanti sindacali, e raggiunto dopo l’annuncio della cessione dello stabilimento di Sorbano. In quell’accordo la Unilever, divenuta proprietaria dello stabilimento solo 3 anni prima, si impegna a «favorire la continuità produttiva nello stabilimento di Sorbano» e a «privilegiare, tra gli eventuali futuri acquirenti, coloro che garantiscano il riassorbimento anche parziale delle liste di mobilità dei lavoratori ex Bertolli». Invece, come dice Fanucchi, «da quel marzo del ’97 non uscì più una bottiglia d’olio da Sorbano». Perciò nel 2001, mentre si barcamenavano con altri lavori, otto ex dipendenti decisero di fare causa. «Quando decidemmo di firmare quell’accordo - ricorda Francesco Mancini, ex sindacalista della Cisl - venivamo da rassicurazioni di ogni genere, sia da parte dell’azienda che dai vertici del sindacato. Un mese dopo l’accordo ci siamo trovati in mobilità. Finiti i 3 anni della mobilità, ci siamo ritrovati senza nulla in mano. Ho dovuto pagare di tasca mia i milioni (di lire, ndr) che mi mancavano per arrivare alla pensione». Continua Paolo Novani: «Se avessi saputo che a Lucca si smetteva di produrre olio - dice - avrei accettato il trasferimento a Milano (dove l’azienda aveva deciso di spostare tutta la produzione, ndr). Ma l’azienda non ha mantenuto le promesse, e soprattutto non ha detto la verità». Matteo Tuccini
10 novembre 2008
UNILEVER IN CRISI, ALLARME DEI SINDACATI
Da: Latina24ore
LUNEDÌ 03 NOVEMBRE 2008 15:37
«Una simile decisione, ove non autorevolmente e immediatamente smentita, sarebbe di estrema gravità». Così Giampiero Sambucini, segretario della Uila-Uil, commenta, in una nota, le notizie di stampa secondo cui Unilever avrebbe deciso di vendere le produzioni a marchio "Quattro salti in padella", realizzate nello stabilimento di Cisterna di Latina. La dismissione del marchio, secondo Sambucini, sarebbe infatti «tale da compromettere la solidità produttiva ed il futuro occupazionale dello stabilimento di Latina, al quale Unilever deve garantire nuove lavorazioni e non togliere quelle che da sempre realizza benissimo. Vogliamo credere che Unilever né abbia preso né intenda prendere decisioni così gravi alla totale insaputa del sindacato e, sicuramente della Uila, perché se così fosse le relazioni sindacali con Unilever non potrebbero che precipitare oltre il limite di rottura»
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LUNEDÌ 03 NOVEMBRE 2008 15:37
«Una simile decisione, ove non autorevolmente e immediatamente smentita, sarebbe di estrema gravità». Così Giampiero Sambucini, segretario della Uila-Uil, commenta, in una nota, le notizie di stampa secondo cui Unilever avrebbe deciso di vendere le produzioni a marchio "Quattro salti in padella", realizzate nello stabilimento di Cisterna di Latina. La dismissione del marchio, secondo Sambucini, sarebbe infatti «tale da compromettere la solidità produttiva ed il futuro occupazionale dello stabilimento di Latina, al quale Unilever deve garantire nuove lavorazioni e non togliere quelle che da sempre realizza benissimo. Vogliamo credere che Unilever né abbia preso né intenda prendere decisioni così gravi alla totale insaputa del sindacato e, sicuramente della Uila, perché se così fosse le relazioni sindacali con Unilever non potrebbero che precipitare oltre il limite di rottura»
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2 novembre 2008
Intervento al Senato dell'On. Sbarbati sulla vertenza Unilever
Intervento al Senato dell'On. Sbarbati sulla vertenza Unilever e sulla crisi occupazionale nella Regione Sardegna
25 ottobre 2008
Senato della Repubblica interrogazione dell'On. Sbarbati e risposta del sottosegretario Viespoli 9 ottobre 2008
Senato della Repubblica – 10 – XVI LEGISLATURA
71ª Seduta (pomerid.) Assemblea - Resoconto stenografico 9 ottobre 2008
71ª Seduta (pomerid.) Assemblea - Resoconto stenografico 9 ottobre 2008
interrogazione dell'On. Sbarbati con risposta del sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali Viespoli
PRESIDENTE. Colleghi, c’e` una variazione nell’ordine delle interrogazioni.
Su richiesta della senatrice Sbarbati e con il consenso degli altri
interroganti, verra` svolta ora l’interrogazione 3-00128 sulla crisi dell’attivita`
industriale in Sardegna.
Il rappresentante del Governo ha facolta` di rispondere a tale interrogazione.
VIESPOLI, sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche
sociali. Signor Presidente, la societa` Unilever Italia, controllata dalla
multinazionale Unilever NV con sede legale a Rotterdam, opera nei settori
«gelati e surgelati», «alimentare foods e foods solution» e «cura della casa
e igiene personale». La societa` in argomento, nel corso degli ultimi anni,
ha registrato una situazione di stagnazione dovuta, principalmente, alla
concentrazione della grande distribuzione organizzata, con conseguente
erosione dei margini di profitto, riduzione degli investimenti e limitazione
del lancio di nuovi prodotti.
Il Ministero dello sviluppo economico, sentito al riguardo per i profili
di competenza, ha reso noto che la situazione descritta ha indotto la societa`
a predisporre un piano di riorganizzazione, concordato con le organizzazioni
sindacali nel maggio del 2007, diretto, tra l’altro, all’integrazione
delle divisioni in un’unica realta` organizzativa nella sede di
Roma, alla chiusura della sede di Milano, all’outsourcing per i servizi am-
ministrativi-finanziari e quelli informatici, nonche´ all’implementazione
delle attivita` food business e custom service, caratterizzanti la sede di Inveruno
(Milano).
In particolare, il settore «gelati», nel quale Unilever opera con il marchio
Algida, con stabilimenti produttivi a Cagliari e Caivano (Napoli), ha
registrato una forte crisi gravata prevalentemente sullo stabilimento di Cagliari.
La determinazione della societa` in parola di procedere alla vendita
dello stabilimento di Cagliari e` stata comunicata alle rappresentanze sindacali
e aziendali e ribadita anche nel corso dell’incontro tenutosi presso
il Ministero dello sviluppo economico nel luglio dello scorso anno. Cio` ha
comportato, a decorrere dal 31 dicembre 2007, la cessazione dell’attivita`
dello stabilimento medesimo e, quindi, l’esubero di tutte le risorse occupate.
In data 18 dicembre 2007 la societa` ha sottoscritto con le organizzazioni
sindacali e le istituzioni locali un accordo per il ricorso alla cassa
integrazione straordinaria fino al 31 dicembre 2008, per un numero massimo
di 75 lavoratori dello stabilimento di Cagliari. L’accordo prevede la
mobilita` per il personale prossimo alla pensione, il trasferimento volontario
presso altre sedi Unilever e il ricorso all’esternalizzazione delle attivita`
di deposito finalizzata alla ricollocazione professionale.
In conclusione, precisando che le parti sociali, a tutt’oggi, non hanno
presentato istanze di incontro presso il Ministero che rappresento, ne´ e`
pervenuta alcuna segnalazione al riguardo, vorrei tranquillizzare la senatrice
Sbarbati in ordine all’attenzione con la quale l’amministrazione segue
la vicenda in parola, con l’attivazione di tutti i canali istituzionali
volti ad attenzionare al meglio possibile la delicata situazione aziendale.
II Ministero dello sviluppo economico, infine, ha comunicato che e`
previsto, per la seconda meta` del corrente mese, un incontro presso le proprie
sedi volto a ricercare soluzioni idonee a salvaguardare la prospettiva
produttiva dello stabilimento.
SBARBATI (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolta`.
SBARBATI (PD). Signor Presidente, innanzitutto ringrazio lei, il rappresentante
del Governo e i colleghi che mi hanno concesso la precedenza,
richiesta per motivi personali, nello svolgimento dell’interrogazione.
Credo, Sottosegretario, di dover dire che la sua risposta e` parzialmente
soddisfacente. Lei conosce bene la situazione della nostra Sardegna
e sa che in quest’ultimo periodo e` stata largamente penalizzata anche dalle
iniziative del Governo, sia sotto il profilo della continuita` territoriale che
sotto altri profili inerenti non solo i trasporti, ma anche la realta` industriale
dell’isola che, pezzo per pezzo, viene smantellata.
A fronte di tutto questo c’e` il diritto stabilito dalla nostra Costituzione
repubblicana per cui il lavoro e` un diritto di ogni cittadino e va tu-
telato in maniera adeguata, indipendentemente se si appartenga alla realta`
continentale o insulare. Comprendo quanto lei ha detto e naturalmente di
alcune notizie eravamo gia` informati dalla realta` sindacale, pero`, signor
Sottosegretario, le voglio far notare che nel 2007, anno che lei ha ricordato
a proposito della cassa integrazione e degli incontri che si sono avuti,
questa fabbrica ha prodotto degli utili apprezzabili proprio per merito delle
maestranze, che sono altamente professionalizzate e che sono state elogiate
anche dal management dell’azienda proprio perche´ hanno raggiunto
tutti gli obiettivi. Quindi, senza nessun preavviso di quello che sarebbe accaduto,
improvvisamente l’Unilever ha deciso, adducendo come giustificazione
la situazione di crisi aziendale, di chiudere lo stabilimento di Cagliari
e di aprire – e questa e` la cosa strana – a Caivano (Napoli) un nuovo
centro di eccellenza con lo stesso numero di maestranze, affiancandolo peraltro
ad un altro gia` esistente sul territorio campano per la produzione del
gelato.
Quindi, delle due l’una: o siamo in una situazione di crisi dell’azienda
o lo siamo perche´ non ci sono piu` le agevolazioni che lo Stato
ha concesso a questa multinazionale per impiantare lo stabilimento in Sardegna
e fare i propri utili. Nel momento cioe` in cui cadono e scadono le
agevolazioni, tanti saluti e buona notte al secchio, anche ai lavoratori che
sono stati in questi anni impiegati e che hanno reso possibile all’azienda
quegli utili comunque incamerati.
Lei capisce che e` una questione delicata, anche sotto il profilo morale.
Per carita`: vanno bene gli incentivi alle aziende che si stabiliscono
nelle aree depresse, nelle aree insulari, favorendo il diritto al lavoro, ma
non e` pensabile che costoro si possano permettere di sopravvivere ed incrementare
i loro guadagni per tutti gli anni che questo e` possibile, cioe`
fin quando godono delle agevolazioni statali, e poi quando queste finiscono
dire: «Buonanotte al secchio, ce ne andiamo!» e gli operai e le maestranze
restano sul tappeto!
Lei sa meglio di me, visto il ruolo che ricopre, che questo e` assolutamente
inaccettabile. Quindi, mi fa piacere che sia previsto un incontro.
Da parte mia e dei colleghi della Sardegna, l’onorevole Cabras e gli altri
cofirmatari di questa interrogazione, abbiamo anche mandato una lettera di
richiesta di incontro. Quindi, le saro` grata se quanto prima vorra` riceverci,
anche insieme alle maestranze, per vedere se e` possibile individuare una
soluzione alternativa rispetto a quelle che sono state fino ad oggi approntate,
vale a dire la cassa integrazione e una presunta mobilita` che non si sa
dove va a finire perche´ in Sardegna la mobilita` e` un’allegra chimera che si
puo` sognare, ma e` che difficile da inseguire e da raggiungere.
PRESIDENTE. Colleghi, c’e` una variazione nell’ordine delle interrogazioni.
Su richiesta della senatrice Sbarbati e con il consenso degli altri
interroganti, verra` svolta ora l’interrogazione 3-00128 sulla crisi dell’attivita`
industriale in Sardegna.
Il rappresentante del Governo ha facolta` di rispondere a tale interrogazione.
VIESPOLI, sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche
sociali. Signor Presidente, la societa` Unilever Italia, controllata dalla
multinazionale Unilever NV con sede legale a Rotterdam, opera nei settori
«gelati e surgelati», «alimentare foods e foods solution» e «cura della casa
e igiene personale». La societa` in argomento, nel corso degli ultimi anni,
ha registrato una situazione di stagnazione dovuta, principalmente, alla
concentrazione della grande distribuzione organizzata, con conseguente
erosione dei margini di profitto, riduzione degli investimenti e limitazione
del lancio di nuovi prodotti.
Il Ministero dello sviluppo economico, sentito al riguardo per i profili
di competenza, ha reso noto che la situazione descritta ha indotto la societa`
a predisporre un piano di riorganizzazione, concordato con le organizzazioni
sindacali nel maggio del 2007, diretto, tra l’altro, all’integrazione
delle divisioni in un’unica realta` organizzativa nella sede di
Roma, alla chiusura della sede di Milano, all’outsourcing per i servizi am-
ministrativi-finanziari e quelli informatici, nonche´ all’implementazione
delle attivita` food business e custom service, caratterizzanti la sede di Inveruno
(Milano).
In particolare, il settore «gelati», nel quale Unilever opera con il marchio
Algida, con stabilimenti produttivi a Cagliari e Caivano (Napoli), ha
registrato una forte crisi gravata prevalentemente sullo stabilimento di Cagliari.
La determinazione della societa` in parola di procedere alla vendita
dello stabilimento di Cagliari e` stata comunicata alle rappresentanze sindacali
e aziendali e ribadita anche nel corso dell’incontro tenutosi presso
il Ministero dello sviluppo economico nel luglio dello scorso anno. Cio` ha
comportato, a decorrere dal 31 dicembre 2007, la cessazione dell’attivita`
dello stabilimento medesimo e, quindi, l’esubero di tutte le risorse occupate.
In data 18 dicembre 2007 la societa` ha sottoscritto con le organizzazioni
sindacali e le istituzioni locali un accordo per il ricorso alla cassa
integrazione straordinaria fino al 31 dicembre 2008, per un numero massimo
di 75 lavoratori dello stabilimento di Cagliari. L’accordo prevede la
mobilita` per il personale prossimo alla pensione, il trasferimento volontario
presso altre sedi Unilever e il ricorso all’esternalizzazione delle attivita`
di deposito finalizzata alla ricollocazione professionale.
In conclusione, precisando che le parti sociali, a tutt’oggi, non hanno
presentato istanze di incontro presso il Ministero che rappresento, ne´ e`
pervenuta alcuna segnalazione al riguardo, vorrei tranquillizzare la senatrice
Sbarbati in ordine all’attenzione con la quale l’amministrazione segue
la vicenda in parola, con l’attivazione di tutti i canali istituzionali
volti ad attenzionare al meglio possibile la delicata situazione aziendale.
II Ministero dello sviluppo economico, infine, ha comunicato che e`
previsto, per la seconda meta` del corrente mese, un incontro presso le proprie
sedi volto a ricercare soluzioni idonee a salvaguardare la prospettiva
produttiva dello stabilimento.
SBARBATI (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facolta`.
SBARBATI (PD). Signor Presidente, innanzitutto ringrazio lei, il rappresentante
del Governo e i colleghi che mi hanno concesso la precedenza,
richiesta per motivi personali, nello svolgimento dell’interrogazione.
Credo, Sottosegretario, di dover dire che la sua risposta e` parzialmente
soddisfacente. Lei conosce bene la situazione della nostra Sardegna
e sa che in quest’ultimo periodo e` stata largamente penalizzata anche dalle
iniziative del Governo, sia sotto il profilo della continuita` territoriale che
sotto altri profili inerenti non solo i trasporti, ma anche la realta` industriale
dell’isola che, pezzo per pezzo, viene smantellata.
A fronte di tutto questo c’e` il diritto stabilito dalla nostra Costituzione
repubblicana per cui il lavoro e` un diritto di ogni cittadino e va tu-
telato in maniera adeguata, indipendentemente se si appartenga alla realta`
continentale o insulare. Comprendo quanto lei ha detto e naturalmente di
alcune notizie eravamo gia` informati dalla realta` sindacale, pero`, signor
Sottosegretario, le voglio far notare che nel 2007, anno che lei ha ricordato
a proposito della cassa integrazione e degli incontri che si sono avuti,
questa fabbrica ha prodotto degli utili apprezzabili proprio per merito delle
maestranze, che sono altamente professionalizzate e che sono state elogiate
anche dal management dell’azienda proprio perche´ hanno raggiunto
tutti gli obiettivi. Quindi, senza nessun preavviso di quello che sarebbe accaduto,
improvvisamente l’Unilever ha deciso, adducendo come giustificazione
la situazione di crisi aziendale, di chiudere lo stabilimento di Cagliari
e di aprire – e questa e` la cosa strana – a Caivano (Napoli) un nuovo
centro di eccellenza con lo stesso numero di maestranze, affiancandolo peraltro
ad un altro gia` esistente sul territorio campano per la produzione del
gelato.
Quindi, delle due l’una: o siamo in una situazione di crisi dell’azienda
o lo siamo perche´ non ci sono piu` le agevolazioni che lo Stato
ha concesso a questa multinazionale per impiantare lo stabilimento in Sardegna
e fare i propri utili. Nel momento cioe` in cui cadono e scadono le
agevolazioni, tanti saluti e buona notte al secchio, anche ai lavoratori che
sono stati in questi anni impiegati e che hanno reso possibile all’azienda
quegli utili comunque incamerati.
Lei capisce che e` una questione delicata, anche sotto il profilo morale.
Per carita`: vanno bene gli incentivi alle aziende che si stabiliscono
nelle aree depresse, nelle aree insulari, favorendo il diritto al lavoro, ma
non e` pensabile che costoro si possano permettere di sopravvivere ed incrementare
i loro guadagni per tutti gli anni che questo e` possibile, cioe`
fin quando godono delle agevolazioni statali, e poi quando queste finiscono
dire: «Buonanotte al secchio, ce ne andiamo!» e gli operai e le maestranze
restano sul tappeto!
Lei sa meglio di me, visto il ruolo che ricopre, che questo e` assolutamente
inaccettabile. Quindi, mi fa piacere che sia previsto un incontro.
Da parte mia e dei colleghi della Sardegna, l’onorevole Cabras e gli altri
cofirmatari di questa interrogazione, abbiamo anche mandato una lettera di
richiesta di incontro. Quindi, le saro` grata se quanto prima vorra` riceverci,
anche insieme alle maestranze, per vedere se e` possibile individuare una
soluzione alternativa rispetto a quelle che sono state fino ad oggi approntate,
vale a dire la cassa integrazione e una presunta mobilita` che non si sa
dove va a finire perche´ in Sardegna la mobilita` e` un’allegra chimera che si
puo` sognare, ma e` che difficile da inseguire e da raggiungere.
21 ottobre 2008
Isola in recessione, serve una scossa
L'isola è in difficoltà. La Cisl denuncia l'aumento dei disoccupati e la mancanza di politiche adeguate. La Sardegna è sull'orlo della recessione. «La disoccupazione aumenta, l'economia rallenta e la politica regionale resta a guardare». Sono parole allarmanti quelle pronunciate ieri a Cagliari dai vertici della Cisl. Il monitoraggio realizzato dal sindacato nel 2008 - che ha fatto il punto sulle emergenze e sullo stato delle vertenze nei settori produttivi e negli enti strumentali della Regione - parla di 8.366 lavoratori in sofferenza e di 7.934 buste paga perse. Un esercito di famiglie in crisi, alle prese con un reddito che diminuisce (-3% dal 1999 a oggi) e con un mercato del lavoro senza prospettive. Per Mario Medde, segretario generale del sindacato, è tempo di suonare la sveglia. «Oggi», annuncia il sindacalista, «non vedo altra strada se non quella di uno sciopero generale».
LA MOBILITAZIONE «Bisogna reagire con un segnale forte, che deve venire da tutta la società sarda», tuona Medde. «Si tratta di avviare la mobilitazione dei lavoratori, dei disoccupati e dei pensionati per una svolta nelle politiche economiche, sociali e del lavoro». A preoccupare il leader della Cisl è «l'inerzia» della politica regionale. «Di fronte alla crisi, ipotizzare un percorso di sviluppo senza favorire l'insediamento e l'attrazione delle imprese è una scelta assurda e sbagliata», incalza Medde. Per raggiungere qualsiasi obiettivo di sviluppo, sottolinea il numero uno della Cisl, «bisogna mettere in campo strumenti rapidi ed efficaci: come per esempio, politiche attive del lavoro, dell'innovazione e dei servizi reali». La realtà della Sardegna, però, è un'altra. Ed è fatta di incognite. «Gli interventi della Regione a favore delle aziende non sono ancora chiari, così come quelli per l'abbattimento del precariato e per l'inserimento nel mondo del lavoro delle fasce deboli».
LA FINANZIARIA I problemi, insomma, sono tanti. E per questo, attacca Medde, «l'impegno della Regione, dello Stato e dell'Unione europea deve essere adeguato alla dimensione della crisi». Ma nel mirino della Cisl finisce soprattutto la giunta guidata da Renato Soru. «La situazione economica e sociale, il fenomeno spropositato dei residui (7 miliardi a fine 2007), lo stato delle riforme e l'inadeguatezza della manovra finanziaria sono tutti aspetti che impongono un cambiamento profondo e diffuso», sostiene Medde. Proprio sulla legge di bilancio regionale il sindacalista non risparmia critiche. «Come nel bilancio 2008, la manovra 2009 appare impostata su un generale rimando ai fondi della programmazione comunitaria. Questo metodo», precisa Medde, «limita gli investimenti e soprattutto fa venir meno la caratteristica fondamentale dei fondi europei: quella cioè di essere aggiuntivi e non sostitutivi per le politiche di sviluppo». Ecco perché, secondo la Cisl, è indispensabile che la giunta Soru introduca nella manovra ulteriori risorse regionali per interventi mirati sul sistema produttivo e sul lavoro.
IL CONFRONTO L'analisi di Medde chiama in causa anche lo Stato e l'Unione europea. «Occorre riaprire un tavolo per accelerare l'attuazione delle intese sulla chimica e l'energia», osserva il segretario generale della Cisl: «I ritardi nell'applicazione di questi accordi sono diventati inaccettabili». L'Unione europea non è da meno: le sue inadempienze, conclude Medde, «riguardano il riconoscimento dello status di insularità, la definizione della partita energetica e il rafforzamento degli investimenti sulle infrastrutture materiali e immateriali».
LANFRANCO OLIVIERI
La crisi è da capogiro. La dimostrazione si trova nella sfilza di numeri registrati dalla Cisl Sardegna e riportati nel monitoraggio periodico sullo stato dell'economica isolana nel 2008. Non ci sono solo gli 8.366 lavoratori in sofferenza (cassa integrazione e mobilità) e le 7.934 buste paga perse. Il sindacato, guidato da Mario Medde, ricorda che in Sardegna sono tremila i cassa integrati, mentre i disoccupati raggiungono quota 81 mila (98 mila sono invece gli scoraggiati, cioè coloro che non cercano più un'occupazione). Il tutto è aggravato da un evoluzione del Pil (il Prodotto interno lordo) vicina allo zero.
I NUMERI Nel 2007 la crescita dell'economia è stata dello 0,69%, rispetto al +1,46% realizzato a livello nazionale. E per il 2008 le attese della Cisl «non sono di certo migliori». Il sindacato punta il dito sulla disoccupazione. «Il mercato del lavoro isolano», commenta il segretario generale Mario Medde, «registra nel primo e nel secondo trimestre 2008 un preoccupante aumento del tasso di disoccupazione rispetto agli stessi trimestri dell'anno precedente. Nel primo trimestre», continua Medde, «il tasso ha raggiunto il 13,5%, mentre nella seconda parte dell'anno abbiamo registrato un 11,3% rispetto all'8,6% dello stesso trimestre del 2007».
I POSTI DI LAVORO La crisi economica è trasversale: colpisce tutti i settori. Gli enti strumentali dell'amministrazione regionale, si legge nel rapporto della Cisl, segnano 1.500 posti di lavoro in meno nel 2008. Per non parlare poi delle aree industriali. A Cagliari, prosegue lo studio, sono rimasti a terra 474 lavoratori (1.091 sono in sofferenza), mentre a Nuoro la cifra tocca quota 1.260 (2.000 in sofferenza). E se l'Oristanese e l'Ogliastra mettono a segno numeri più bassi, rispettivamente -200 e -500 posti persi (428 e 170 in difficoltà), mostra invece cifre record la Gallura (3.500 lavoratori in meno e 750 in sofferenza). Chiude il Sulcis con 500 buste paga andate in fumo e 564 in bilico.
IL PUBBLICO Il rapporto del sindacato fa una mappatura precisa della crisi. Nel settore pubblico, le emergenze più grandi si incontrano nella formazione professionale (713 lavoratori in sofferenza fra mobilità ed esodo incentivato), nei consorzi di bonifica (400 lavoratori in difficoltà) e nei 607 precari delle Lsu (i lavoratori socialmente utili). E non se la passa meglio il mondo delle imprese. Al centro dello studio della Cisl finisce soprattutto l'industria sarda: comparto che occupa 141 mila persone.
LA MAPPA A Cagliari, per esempio, c'è il caso della Unilever (che ha chiuso gli impianti e ha messo il personale in cassa integrazione o in mobilità) e quello di Vitrociset (che ha ridotto l'attività e ha trasferito parte del personale nel poligono San Lorenzo). A Nuoro, al contrario, ci sono la Legler (dove 250 lavoratori attendono una proroga alla cassa integrazione), l'Equipolimers (in crisi per colpa del caro-energia) e i marmi di Orosei (che registrano cali nelle commesse per la crisi dei Paesi importatori). Proseguendo nella classifica, a Oristano si registra il fallimento della Tharros Graniti (100 buste paga). Stesso discorso per il Sulcis, dove la Portovesme ha il futuro appeso al calo dei costi energetici. Insomma, il quadro non appare certo rassicurante.
GALLURA E MONTE ACUTO La Cisl non dimentica i problemi della Gallura: vale a dire la vertenza che ha portato alla chiusura della Palmera (tornata di recente alla produzione), le difficoltà del settore sughericolo e del lapideo (con la chiusura di tutti gli impianti di segagione). E ancora la crisi di Convesa a Chilivani e della Plastwood di Tempio.
( lan. ol. )
14 ottobre 2008
Senato:Interrogazione sulla crisi dell'attività industriale in Sardegna
SBARBATI, CABRAS, SANNA, SCANU. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Premesso che:
già da due anni la multinazionale anglo-olandese Unilever, che produce gelati con il marchio Algida, persegue in Italia una politica di ristrutturazione aziendale che penalizza esclusivamente la sua fabbrica di gelato di Cagliari, prevedendone la chiusura;
tale fabbrica ha prodotto nel 2007 degli utili apprezzabili per merito delle sue maestranze fornite di acclarata professionalità che hanno raggiunto tutti gli obiettivi fissati dall'azienda stessa;
mentre adduce motivi di crisi del settore a giustificazione della decisione di chiusura dello stabilimento cagliaritano, l'Unilever apre a Caivano (Napoli) un nuovo centro di eccellenza del gelato, affiancandolo ad un altro già esistente;
tale nuovo stabilimento assorbe lo stesso numero di occupati a tempo indeterminato esistente a Cagliari e ne ha le stesse caratteristiche tecniche e strutturali,
si chiede di conoscere:
quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda intraprendere a salvaguardia della realtà industriale presente in Sardegna, per la verità sempre più asfittica e in sofferenza, che incassa un altro duro colpo da questa chiusura;
come intenda tutelare il diritto al lavoro dei cittadini sardi tutti, e in particolare dei lavoratori dello stabilimento Algida di Cagliari, che va costituzionalmente garantito al pari di quello dei cittadini del resto d'Italia, e che, se mai, proprio per le condizioni penalizzanti dell'insularità, va politicamente tutelato con politiche di merito, contrastando la pura scelta speculativa operata dall'Unilever che aggrava le condizioni di marginalità cronica di cui la Sardegna soffre.
6 ottobre 2008
A tavola il made in Italy parla straniero
Un paio di anni fa il colosso angloolandese Unilever ha venduto le sue attività europee nel settore dei surgelati. Un comparto, come hanno spiegato più volte i vertici della multinazionale, estraneo al «core business» aziendale. Meglio cedere tutto, quindi, compreso lo storico marchio Findus, portando a casa una sostanziosa plusvalenza. E così avvenne. un bell’assegno da 1.725 milioni di euro firmato dal fondo Permira e oplà: l’operazione era conclusa. A finire nel portafoglio di Permira furono i surgelati di Austria, Belgio, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Olanda, Portogallo e Regno Unito. Al contrario il marchio Findus con le attività italiane rimase alla casa madre.Adesso, però, le cose starebbero cambiando e la Findus italiana, secondo alcune indiscrezioni di mercato, seccamente smentite però da Unilever, sarebbe in vendita. A bloccare nel 2006 la cessione a Permira furono due elementi. Il primo riguardava la stretta connessione, all’interno della catena logistica del freddo, fra le attività di Algida (marchio incedibile da Unilever, presente in decine di paesi con ottimi risultati) e quelle di Findus. Quanto al secondo era connesso da una parte al prestigio del management Findus all’interno del gruppo Unilever. E dall’altra all’importanza del brand sul mercato italiano e ai risultati economici raggiunti. E adesso? Oggi i vertici del gruppo, come sottolineano le nostre fonti, a fronte di un prezzo adeguato, sarebbero più propensi a vendere. Prendiamo i numeri di Unilever a livello mondiale: 40,2 miliardi di euro di fatturato nel 2007, di cui oltre 21,5 miliardi nell’alimentare e il resto nel settore dell’igiene per la persona e per la casa. E confrontiamoli, questi numeri, con i ricavi di Findus, stimati attorno ai 750 milioni di euro, (Unilever non fornisce questi dati). Insomma, salta all’occhio che la flotta di «Capitan Findus», per quanto onusta di gloria, conta per il 2% sui ricavi complessivi. All’interno di una strategia globale, dunque, la vendita di Findus sarebbe la scelta migliore. Anche perché la redditività del comparto non sarebbe più quella di una volta. E con questi chiari di luna, con le borse mondiali sotto tiro, gli analisti adorano le società liquide. Ovviamente questo discorso tiene a patto di avere degli acquirenti potenziali fra le mani. In questo quadro i compratori potenziali di Findus, quelli con cui sarebbe in corso un delicato lavoro preliminare di diplomazie pronte a tastare il polso alla controparte, sarebbero almeno due. A cominciare dal fondo Permira che grazie alla Findus italiana potrebbe completare la sua offerta a livello europeo nel settore dei surgelati. Mentre il secondo partner potenziale dovrebbe essere la francese Bonduelle che acquistò alcuni anni fa le attività spagnole di Nestlè nel settore del freddo. Al contrario è da escludersi che sia della partita Orogel (vedi scheda in pagina), cioè il maggior produttore italiano del comparto.Certo, è presto per dire se i contatti riservati fra Unilever e i potenziali acquirenti andranno in porto. Tuttavia da una parte non dobbiamo sottovalutare che per le multinazionali del comparto alimentare concentrarsi nel core business è diventato un elemento centrale della propria strategia. Mentre dall’altra vale la pena ricordare che Unilever sta già marciando da tempo su questo binario. E adesso sembra accelerare la sua andatura.L’ultima mossa è avvenuta questa estate quando Unilever è uscita dal settore dell’olio oliva cedendo per 630 milioni di euro l’olio Bertolli al gruppo madrileno Sos Cuetara. In particolare Sos Cuetara ha ottenuto la licenza d’uso mondiale per le categorie olio e aceto balsamico, oltre ai marchi Maya, Dante, San Giorgio e allo stabilimento di Inveruno, vicino Milano. In effetti si tratta di un bel boccone perché l’insieme di queste attività e di questi brand è stata in grado di generare un fatturato 2007 di 380 milioni di euro con un margine operativo lordo pro forma di 60 milioni. Al contrario Unilever manterrà tutti gli altri prodotti a marchio Bertolli dalla margarina ai condimenti per la pasta. Pochi giorni fa la Sos Cuetara ha annunciato la volontà di quotare in Borsa le attività italiane nell’olio d’oliva. Un’operazione che non si limita all’olio Bertolli ma comprende gli altri marchi acquistati in precedenza dagli spagnoli. E’ il caso della Carapelli rilevata nel 2005 oltre che di Sasso e Minerva Oli comprate l’anno precedente. Risultato: è stato costituito un polo mondiale dell’olio made in Italy anche se la proprietà è in mani messicane, perché questa è la nazionalità dei principali azionisti di Cuetara. La stessa Cuetara che ora intende collocare sul mercato «circa il 25% delle attività italiane nell’olio d’oliva». Lo scopo: ricavare dall’operazione circa 250300 milioni di euro. Secondo Federico Vecchioni, presidente di Confagricoltura «L’acquisizione dei principali asset italiani nel settore dell’olio d’oliva da parte del gruppo Sos Cuetara deve far riflettere non solo sull’impossibilità o sull’incapacità dei grandi o medi gruppi italiani di effettuare l’operazione. Ma anche sull’incapacità del nostro sistema finanziario, a cominciare dalle banche, di aggregare le risorse per fare un’acquisizione che era molto cara». Poi aggiunge: «Il paradosso è che lo sviluppo mondiale di un business figlio di una cultura mediterranea e che ha bisogno di forti investimenti in marketing e comunicazione è affidato ad una società a controllo messicano». In ogni caso la strategia delle dismissioni dei marchi di Unilever in Italia non è terminata. Ad essere in vendita è infatti anche la Santa Rosa, un’azienda molto conosciuta nel settore delle marmellate e delle conserve di pomodoro. Ed anche un brand per cui l’azienda ha confermato ufficialmente l’intenzione di procedere alla cessione. E di «valutare l’interesse di potenziali acquirenti, poiché il marchio non è nel core business del gruppo». Fra i candidati a quest’ultima operazione ci sarebbero imprese italiane e straniere. A cominciare dal gigante svizzero Hero.
19 settembre 2008
Confindustria contro la Regione"Sul territorio scelte sbagliate"
L'Unione Sarda 19/09/2008
Il Consiglio Direttivo della Confindustria Sardegna (nella foto il presidente Massimo Putzu) riunitosi a Cagliari "ha analizzato - è detto in una nota - la grave situazione delle politiche del territorio della Regione, confermando ancora una volta la posizione fortemente critica degli industriali sardi di fronte alle scelte fin qui compiute.
Gli industriali sardi confermano le critiche all'amministrazione di viale Trento sulle politiche del territorio. Sotto accusa la discrezionalità delle valutazioni e le procedure "bizantine" che frenano le imprese. Positivo il ricorso al referendum contro la legge numero 8.
Il Consiglio Direttivo della Confindustria Sardegna (nella foto il presidente Massimo Putzu) riunitosi a Cagliari "ha analizzato - è detto in una nota - la grave situazione delle politiche del territorio della Regione, confermando ancora una volta la posizione fortemente critica degli industriali sardi di fronte alle scelte fin qui compiute.
PROCEDURE BIZANTINE. Queste non si sono tradotte in vantaggi reali per l'economia regionale e si stanno rivelando un serio ostacolo al dispiegarsi dell'attività d'impresa gravata da procedure bizantine, condizionate dalla valutazione discrezionale dell'Amministrazione regionale e sottoposte a differenti interpretazioni da parte delle Amministrazioni locali nell'applicazione della normativa regionale". In questo scenario - ha sottolineato la Confindustria - assume rilievo la modifica sostanziale del testo unificato approvato dalla Commissione competente lo scorso 24 luglio "Disciplina per il governo del territorio regionale", così come proposto nella memoria presentata dalla Confindustria Sardegna alla Commissione, alle quali, purtroppo, non ha fatto seguito un proficuo e articolato confronto.
PPR, TROPPI VINCOLI. Si tratta di rendere più condiviso, organico e equilibrato il provvedimento, liberandolo dalla visione restrittiva e eccessivamente vincolistica che dal Ppr informa tutte le proposte regionali. Il testo esitato nega, infatti, il principio di una condivisione nella tutela ambientale e paesaggistica, pregiudica la certezza del diritto, prevede ulteriori aggravi procedurali e burocratici, determina una sovrapposizione dei ruoli istituzionali nelle scelte di sviluppo del territorio, con un ulteriore accentramento dei poteri nelle mani della Regione, attribuisce e concentra nella Giunta Regionale un potere illimitato di inibizione o sospensione degli interventi su aree pubbliche e private. Il prossimo 5 ottobre i cittadini sardi saranno inoltre chiamati ad esprimere il proprio parere sull'abrogazione della LR 25 novembre 2004 n. 8 recante "Norme urgenti di provvisoria salvaguardia per la Pianificazione Paesaggistica e la tutela del Territorio Regionale".
INTERVENGA IL CONSIGLIO. I vertici della Confindustria hanno ancora una volta confermato come sia un fatto positivo per la democrazia quando i cittadini vengono chiamati ad esprimere la propria posizione su provvedimenti di tale importanza per il futuro della nostra Regione. Gli industriali sardi confermano - hanno concluso - la richiesta a che l'Assemblea regionale intervenga rapidamente, per apportare radicali modifiche all'impianto normativo del provvedimento che disciplina il governo del territorio regionale, coerentemente con le aspettative del sistema economico e sociale della nostra regione.
17 settembre 2008
Sardegna: incontro Federazioni industria Cisl e segreteria regionale Cisl
Sistema Produttivo Regionale
Incontro Federazioni industria Cisl e segreteria regionale Cisl
Matta (CISL): «Forte sottovalutazione delle difficoltà in cui si trova il sistema economico regionale»
Incontro Federazioni industria Cisl e segreteria regionale Cisl
Matta (CISL): «Forte sottovalutazione delle difficoltà in cui si trova il sistema economico regionale»
«Non si spiega diversamente il silenzio della politica sarda, come anche di quella nazionale, sul dramma che vivono migliaia di lavoratori di Legler, Unilever, Palmera e di altre industrie, che si aggiunge alla precarietà di quasi 3000 lavoratori in CIG e in mobilità in deroga e di quanti espulsi ormai da diversi anni dal processo produttivo». Lo afferma in una nota il segretario della regione Sardegna, Giovanni Matta sottolineando come ci sia «una forte sottovalutazione delle difficoltà in cui si trova il sistema economico regionale».
«Le difficoltà in cui si agita il sistema produttivo regionale - ribadisce il segretario regionale - si vanno ulteriormente accentuando con drammatici riflessi sull'occupazione, specie in alcuni settori, dove diminuisce vistosamente. L'industria, come tutte le attività produttive della regione, - osserva Matta - attraversa una fase cruciale, evidenziata anche dal blocco degli investimenti».Una situazione «certamente conosciuta» tiene a precisare Matta - la cui gravità è stata scandagliata in tutte le sue sfaccettature, ma che ora ha bisogno di risposte forti e decise, come la Cisl sarda sollecita da tempo».
Nel lamentare pertanto l'assenza di iniziativa da parte delle istituzioni regionali e nazionali, di fronte ad una situazione così drammatica, il segretario regionale ricorda che la Cisl «ritiene non si possa attendere oltre. Il tavolo nazionale deve essere immediatamente convocato, come anche quello regionale, per stabilire le cose da fare».E nel ricordare come appaia «sempre più probabile una manifestazione di protesta sindacale con la proclamazione di uno sciopero generale», Matta annuncia che «la Cisl proporrà a Cgil e Uil che il documento conclusivo dell'attivo unitario sull'industria, in programma alla fine del mese, indichi data e modalità delle iniziative di protesta».
Nel lamentare pertanto l'assenza di iniziativa da parte delle istituzioni regionali e nazionali, di fronte ad una situazione così drammatica, il segretario regionale ricorda che la Cisl «ritiene non si possa attendere oltre. Il tavolo nazionale deve essere immediatamente convocato, come anche quello regionale, per stabilire le cose da fare».E nel ricordare come appaia «sempre più probabile una manifestazione di protesta sindacale con la proclamazione di uno sciopero generale», Matta annuncia che «la Cisl proporrà a Cgil e Uil che il documento conclusivo dell'attivo unitario sull'industria, in programma alla fine del mese, indichi data e modalità delle iniziative di protesta».
12 agosto 2008
Consiglio straordinario sulla crisi dell’industria in Sardegna
Carta e penna: per scrivere al presidente Soru che «siamo al fallimento della politica industriale». Silvestro Ladu, capogruppo di Fortza Paris in Consiglio, va dritto al punto: «Giunta e centrosinistra non sono riusciti a creare occupazione e sviluppo, ma solo macerie e disperazione ». E questo, aggiunge, dovrà essere spiegato in aula: «Chiedo la convocazione di un Consiglio regionale urgente per fare il punto e indicare vie d’uscita». Dentro la lettera di Ladu c’è un’Isola affamata di stipendi. Soprattutto la provincia di Nuoro. «Emblematica è la crisi della Legler», scrive l’esponente di Fortza Paris: 100 milioni di debiti, 900 cassaintegrati, 1.500 famiglie nell’indotto e la speranza di far vivere la fabbrica affidata a un amministratore straordinario (ancora da nominare). «Non s’intravedono soluzioni, e il peggio è che stanno iniziando a volare gli stracci», prosegue Ladu, che descrive uno scenario in cui «i sindacati si scontrano tra loro e accusano gli imprenditori e la classe politica; la quale, a sua volta, si guarda bene dall’assumersi le proprie responsabilità, come nel caso dell’attuale governo regionale». In attesa del confronto in aula, Fortza Paris prepara domande e riflessioni da girare a Renato Soru: «Mi chiedo - dice Ladu - se in questi quattro anni di centrosinistra al governo della Regione, un qualche problema dell’industria è stato risolto o avviato a soluzione». Il consigliere parla di «migliaia di posti di lavoro persi» e chiede alla Giunta che dica le cifre vere. «Siamo davanti a una vera e propria emergenza, sempre più drammatica». Ladu bacchetta l’esecutivo perché «non si riesce più a fare alcun incontro, sebbene maestranze, parti sociali e politiche l’abbiano sollecitato diverse volte». Un silenzio «ingiustificato », quello dell’esecutivo, che «fa solo il gioco di quegli imprenditori o prenditori, che alla Sardegna hanno tolto molto e dato poco». Il finale è un appello dal sapore bipartisan: «A questo punto la politica deve prendere in mano la situazione per uscire dalla crisi e proporre e sostenere nuove possibilità di sviluppo». (a. c.)
9 agosto 2008
Nuovo Comunicato Dei Lavoratori Unilever Cagliari A Seguito Della Risposta Dell'On. Ugo Martinat All'Interpellanza Dell'On. Amalia Schirru
Con riferimento alla risposta del sottosegretario del Ministero delle Attività Produttive Ugo
Martinat all’interrogazione 5-00213 del 24 luglio 2008 sulla situazione occupazionale presso lo
stabilimento unilever di Cagliari presentata dall’Onorevole Amalia Schirru.
Dopo un’attenta lettura in assemblea dei lavoratori ci preme evidenziare l’emergere di una serie
d’incongruenze tra le righe del testo, a nostro avviso riconducibili all’inesattezza dei dati forniti
dall’unilever.
In particolare è ancor oggi complicato risalire alla reale entità delle unità lavorative coinvolte nella
CIGS a seguito delle scarse informazioni fornite dall’azienda.
Per quanto concerne il tanto sbandierato trasferimento di Lavoratori Sardi in altre sedi unilever e le
finalità di ricollocazione professionale degli stessi ci risulta che la multinazionale non ha mai
sottoposto a esame congiunto con la R.S.U. tali ipotesi, ma si è soltanto limitata a comunicare
qualche uscita temporanea dalla CIGS mediante sms e l’ingresso nelle liste di mobilità di due
lavoratori sempre mediante messaggini.
Pertanto le iniziative riportate nel testo sono state avviate in modo discriminato nei confronti dei
Lavoratori da parte della multinazionale senza coinvolgere le OO.SS. destabilizzando e inasprendo
ulteriormente una situazione già critica.
Ci risulta inoltre per quanto riguarda i progetti di outplacement, che attualmente l’unico sviluppato
dall’unilever in sinergia con l’Adecco è un corso di 16 ore pro capite e non 40 come da risposta
all’interpellanza, il cui fine era la corretta, precisa e puntuale compilazione di un bellissimo
“curriculum vitae europeo”.
Ennesimo esempio d’incapacità gestionale del management e conseguente sperpero economico
delle risorse finanziarie.
Da segnalare le perplessità delle organizzazioni sindacali emerse già in sede di presentazione presso
Assoindustria sulla fattibilità del progetto utopistico di ricollocazione occupazionale proposto da
Adecco, tenuto conto delle difficoltà oggettive del tessuto economico sardo e la cronica mancanza
di lavoro.
Significativo il fatto che la stessa Adecco durante le sedici ore del proficuo corso, abbia chiesto ai
Lavoratori d’indicargli aziende e imprenditori disposti ad assumerli!?!?
Riguardo al trasferimento dei macchinari è un fatto certo, che la società, mentre i Lavoratori
frequentavano il bellissimo corso di outplacement, tranciava di netto le tubazioni d’alimentazione
dell’impianto del freddo prelevando sei freezer non previsti dall’accordo del 18 dicembre 2007.
Con tale operazione hanno volutamente compromesso l’impianto d’alimentazione della catena del
freddo, salvaguardando opportunamente mediante la chiusura di alcune valvole tratti di linea e
macchinari (vedi compressori) d’interesse diretto per la multinazionale, nell’ambito del progetto di
distruzione e smantellamento del sito cagliaritano.
A seguito di questi incresciosi episodi una maggiore vigilanza dei lavoratori supportata dal
crescente sospetto alimentato dalle maldestre giustificazioni date dai “Giuda” quadri custodi della fabbrica, creavano i presupposti per cogliere sul fatto l’azienda durante l’ennesimo blitz, mentre
smontava e tentava di trasferire in altre sedi i tunnel di refrigerazione ed altri macchinari non
previsti dall’accordo citato.
La protesta e il blocco della distribuzione attivata dai lavoratori hanno fatto sì che l’unilever
recedesse temporaneamente dall’intento di attuare l’illegittimo trasferimento, inducendo l’azienda
ad ammettere la violazione degli accordi previsti, alla presenza delle OO.SS. e dei Lavoratori.
In tale occasione il capo del personale invita i lavoratori a non attuare forme di protesta, pena lo
stralcio dell’accordo stesso.
In merito al sito di Caivano inaugurato recentemente e che occupa 60 persone, ci risulta che sia
l’ultimo e l’unico in Italia dei sei centri d’eccellenza di unilever in Europa.
Tale sito è stato inaugurato contemporaneamente con la struttura gemella di Colworth alla periferia
di Londra, le due nuove sedi occupano 130 persone.
Per quanto riguarda la presunta vendita del sito Cagliaritano ancora oggi non siamo a conoscenza
delle reali intenzioni della società al di là delle chiacchiere.
Sono passati circa due anni tra presunte trattative con ipotetiche cordate d’imprenditori (Sarde,
Russe, Laziali) senza fatti e riferimenti certi tranne i vincoli atti ad allontanare e dissuadere reali
intenzioni d’acquisto del sito.
L’unica certezza è la volontà aziendale di disperdere il patrimonio professionale distruggere il sito e
portare via i macchinari rimasti in altre sedi della società, magari barattandoli con un nuovo anno di
cassa integrazione straordinaria priva di futuro, il che equivarrebbe alla fine definitiva della realtà
produttiva cagliaritana.
Non è con l’emigrazione in altri siti produttivi che si risolvono i problemi occupazionali della nostra
Regione.
Pensiamo piuttosto che le realtà produttive debbano avere una loro continuità, anche alternativa e
mantenere i livelli occupazionali a maggior ragione se risultano efficienti e generano utili e sono di
prestigio europeo come la fabbrica di Cagliari.
Anche il sito cagliaritano è un centro (R & D) che sta per Risultati ottenuti e Determinazione di
fronte alle molteplici sfide che il mercato impone, caratteristiche che hanno consentito il
raggiungimento dei migliori risultati per obiettivi all’interno del contesto delle factory italiane e
prestigiosi premi internazionali.
Se il management unilever avesse espresso gli stessi Risultati e la medesima Determinazione (R &
D) dei Lavoratori di Cagliari, probabilmente la multinazionale non soffrirebbe le scelte avverse sul
mercato azionario dei grandi investitori a vantaggio dei diretti concorrenti e gli unici esuberi
sarebbero gli utili e non i Lavoratori di Cagliari.
La tanto paventata crisi del Mercato del gelato industriale subita dall’unilever è frutto di scelte
strategiche sbagliate, quali investimenti su prodotti fallimentari con esperimenti approssimativi e
accostamento di gusti improponibili, con l’avvallo di una dirigenza incapace che invece
d’incrementare il fatturato ci rifila la solita ricetta del taglio di unità produttive.
A nostro avviso “Manca” soprattutto all’azienda la capacità di sviluppare nuovi prodotti senza
rincorrere costantemente la creatività e l’innovazione della concorrenza.
I LAVORATORI UNILEVER DI CAGLIARI
risposta del sottosegretario del Ministero delle Attività Produttive Ugo Martinat
interrogazione 5-00213 del 24 luglio 2008 sulla situazione occupazionale presso lo stabilimento unilever di Cagliari presentata dall’Onorevole Amalia Schirru
Martinat all’interrogazione 5-00213 del 24 luglio 2008 sulla situazione occupazionale presso lo
stabilimento unilever di Cagliari presentata dall’Onorevole Amalia Schirru.
Dopo un’attenta lettura in assemblea dei lavoratori ci preme evidenziare l’emergere di una serie
d’incongruenze tra le righe del testo, a nostro avviso riconducibili all’inesattezza dei dati forniti
dall’unilever.
In particolare è ancor oggi complicato risalire alla reale entità delle unità lavorative coinvolte nella
CIGS a seguito delle scarse informazioni fornite dall’azienda.
Per quanto concerne il tanto sbandierato trasferimento di Lavoratori Sardi in altre sedi unilever e le
finalità di ricollocazione professionale degli stessi ci risulta che la multinazionale non ha mai
sottoposto a esame congiunto con la R.S.U. tali ipotesi, ma si è soltanto limitata a comunicare
qualche uscita temporanea dalla CIGS mediante sms e l’ingresso nelle liste di mobilità di due
lavoratori sempre mediante messaggini.
Pertanto le iniziative riportate nel testo sono state avviate in modo discriminato nei confronti dei
Lavoratori da parte della multinazionale senza coinvolgere le OO.SS. destabilizzando e inasprendo
ulteriormente una situazione già critica.
Ci risulta inoltre per quanto riguarda i progetti di outplacement, che attualmente l’unico sviluppato
dall’unilever in sinergia con l’Adecco è un corso di 16 ore pro capite e non 40 come da risposta
all’interpellanza, il cui fine era la corretta, precisa e puntuale compilazione di un bellissimo
“curriculum vitae europeo”.
Ennesimo esempio d’incapacità gestionale del management e conseguente sperpero economico
delle risorse finanziarie.
Da segnalare le perplessità delle organizzazioni sindacali emerse già in sede di presentazione presso
Assoindustria sulla fattibilità del progetto utopistico di ricollocazione occupazionale proposto da
Adecco, tenuto conto delle difficoltà oggettive del tessuto economico sardo e la cronica mancanza
di lavoro.
Significativo il fatto che la stessa Adecco durante le sedici ore del proficuo corso, abbia chiesto ai
Lavoratori d’indicargli aziende e imprenditori disposti ad assumerli!?!?
Riguardo al trasferimento dei macchinari è un fatto certo, che la società, mentre i Lavoratori
frequentavano il bellissimo corso di outplacement, tranciava di netto le tubazioni d’alimentazione
dell’impianto del freddo prelevando sei freezer non previsti dall’accordo del 18 dicembre 2007.
Con tale operazione hanno volutamente compromesso l’impianto d’alimentazione della catena del
freddo, salvaguardando opportunamente mediante la chiusura di alcune valvole tratti di linea e
macchinari (vedi compressori) d’interesse diretto per la multinazionale, nell’ambito del progetto di
distruzione e smantellamento del sito cagliaritano.
A seguito di questi incresciosi episodi una maggiore vigilanza dei lavoratori supportata dal
crescente sospetto alimentato dalle maldestre giustificazioni date dai “Giuda” quadri custodi della fabbrica, creavano i presupposti per cogliere sul fatto l’azienda durante l’ennesimo blitz, mentre
smontava e tentava di trasferire in altre sedi i tunnel di refrigerazione ed altri macchinari non
previsti dall’accordo citato.
La protesta e il blocco della distribuzione attivata dai lavoratori hanno fatto sì che l’unilever
recedesse temporaneamente dall’intento di attuare l’illegittimo trasferimento, inducendo l’azienda
ad ammettere la violazione degli accordi previsti, alla presenza delle OO.SS. e dei Lavoratori.
In tale occasione il capo del personale invita i lavoratori a non attuare forme di protesta, pena lo
stralcio dell’accordo stesso.
In merito al sito di Caivano inaugurato recentemente e che occupa 60 persone, ci risulta che sia
l’ultimo e l’unico in Italia dei sei centri d’eccellenza di unilever in Europa.
Tale sito è stato inaugurato contemporaneamente con la struttura gemella di Colworth alla periferia
di Londra, le due nuove sedi occupano 130 persone.
Per quanto riguarda la presunta vendita del sito Cagliaritano ancora oggi non siamo a conoscenza
delle reali intenzioni della società al di là delle chiacchiere.
Sono passati circa due anni tra presunte trattative con ipotetiche cordate d’imprenditori (Sarde,
Russe, Laziali) senza fatti e riferimenti certi tranne i vincoli atti ad allontanare e dissuadere reali
intenzioni d’acquisto del sito.
L’unica certezza è la volontà aziendale di disperdere il patrimonio professionale distruggere il sito e
portare via i macchinari rimasti in altre sedi della società, magari barattandoli con un nuovo anno di
cassa integrazione straordinaria priva di futuro, il che equivarrebbe alla fine definitiva della realtà
produttiva cagliaritana.
Non è con l’emigrazione in altri siti produttivi che si risolvono i problemi occupazionali della nostra
Regione.
Pensiamo piuttosto che le realtà produttive debbano avere una loro continuità, anche alternativa e
mantenere i livelli occupazionali a maggior ragione se risultano efficienti e generano utili e sono di
prestigio europeo come la fabbrica di Cagliari.
Anche il sito cagliaritano è un centro (R & D) che sta per Risultati ottenuti e Determinazione di
fronte alle molteplici sfide che il mercato impone, caratteristiche che hanno consentito il
raggiungimento dei migliori risultati per obiettivi all’interno del contesto delle factory italiane e
prestigiosi premi internazionali.
Se il management unilever avesse espresso gli stessi Risultati e la medesima Determinazione (R &
D) dei Lavoratori di Cagliari, probabilmente la multinazionale non soffrirebbe le scelte avverse sul
mercato azionario dei grandi investitori a vantaggio dei diretti concorrenti e gli unici esuberi
sarebbero gli utili e non i Lavoratori di Cagliari.
La tanto paventata crisi del Mercato del gelato industriale subita dall’unilever è frutto di scelte
strategiche sbagliate, quali investimenti su prodotti fallimentari con esperimenti approssimativi e
accostamento di gusti improponibili, con l’avvallo di una dirigenza incapace che invece
d’incrementare il fatturato ci rifila la solita ricetta del taglio di unità produttive.
A nostro avviso “Manca” soprattutto all’azienda la capacità di sviluppare nuovi prodotti senza
rincorrere costantemente la creatività e l’innovazione della concorrenza.
I LAVORATORI UNILEVER DI CAGLIARI
risposta del sottosegretario del Ministero delle Attività Produttive Ugo Martinat
interrogazione 5-00213 del 24 luglio 2008 sulla situazione occupazionale presso lo stabilimento unilever di Cagliari presentata dall’Onorevole Amalia Schirru
31 luglio 2008
Unilever: Utile Trimestre -20%
Unilever: utile trimestre -20% a causa dell'aumento dei costi
ANSA - ROMA
Unilever, secondo produttore mondiale di beni di largo consumo, chiude il secondo trimestre con un utile in calo del 20%. La causa e' legata ai costi sostenuti per il taglio del personale e dell'aumento dei prezzi. L'utile netto e' cosi' sceso a 909 milioni di euro, di poco inferiore alle stime degli analisti. Il gruppo anglo-olandese e' impegnato in un'operazione che prevede il taglio di 20mila posti di lavoro, per la maggioranza in Europa.
31 Lug 09:59
30 luglio 2008
LEGLER:Gli operai attaccano i sindacati
Prima assemblea a Macomer, accuse anche alla Regione
di Piero Marongiu
MACOMER. Poco meno della metà dei 320 dipendenti della Legler di Macomer ieri mattina hanno partecipato a una assemblea infuocata non solo per il caldo ma soprattutto per le incertezze sul futuro. Non è stato facile per i dirigenti sindacali calmare gli operai e spiegare le ragioni che hanno portato alle decisioni degli ultimi giorni. Ai lavoratori interessava conoscere la verità, e lo hanno detto a gran voce, su quello che è successo all’azienda negli ultimi anni tra imprenditori vecchi, nuovi e Regione. Per dare una risposta c’erano tutte le sigle confederali anche se gli operai sono usciti poco convinti. Nessuno crede più ai rilanci miracolosi. Di nuovi investitori con serie intenzioni in questi anni non ce ne sono stati. E chi si è fatto avanti è stato costretto a fuggire da richieste inaccettabili. Le responsabilità, per i lavoratori, sono di Regione e sindacati. La prima non avrebbe saputo portare avanti proposte interessanti per gli imprenditori. I sindacati invece si sarebbero ostinati a pretendere di vendere in blocco le aziende. Franceschino Spanu dell’Ugl, non ha dubbi: «Le responsabilità più gravi sono della Regione e della Provincia, che non hanno saputo portare avanti azioni di sostegno incisive per salvare le fabbriche e difendere i lavoratori. Soru e la sua giunta se ne dovrebbero andare». Un operaio interviene per dire che altrove, come a Marghera, i politici hanno impedito la chiusura: «Ma lì la classe politica è di ben altra levatura rispetto a quella sarda». Gli operai pretendono di sapere cosa riserverà loro il futuro. Se la Legler continuerà a chiamarsi Legler o Texfer non interessa. Vogliono sapere cosa accadrà ai loro salari. «Non riesco più ad andare avanti — dice una voce in sala — e dovrò ritirare mia figlia dall’università». I rappresentanti sindacali non ci stanno a fare da capro espiatorio: «Quando, tre anni fa — dice Gianfranco Mussoni, interrotto più volte da un contestatore — i vertici aziendali volevano portare i libri contabili in tribunale, noi spingemmo Soru a insistere perché si trovasse un acquirente, come volevano i lavoratori ». Bobo Arbau, dell’Uiltai, conferma e precisa: «Soru propose di andare in legge Prodi e tutte le sigle sindacali eravamo d’accordo, come gli operai. Oggi non capisco perché le cose siano cambiate». Franceschino Spanu, dell’Ugl dice: «Ottobre è troppo lontano per lo sciopero generale. Bisogna cominciare subito con altre forme di lotta. Per esempio: bloccare le strade di accesso alla Costa Smeralda con auto e camion». Ignazio Ganga della Cisl tira fuori il verbale della riunione del 21 luglio a Roma: «Siamo stati noi sindacati a chiedere che l’avvio della procedura per il commissariamento venisse accompagnato dall’apertura di un tavolo per un accordo di programma». Secondo i sindacati — e anche secondo l’assessore Concetta Rau — ripulire dai debiti le fabbriche per eventuali soggetti interessati all’acquisto è un fatto decisivo. E proprio la Rau, non presente in assemblea, ha precisato che «la Sardegna è ancora area ex 87 e quindi possono essere attivate risorse per attrarre nuovi investitori». Tra i pochi politici presenti in assemblea il sardista Paolo Maninchedda e gli assessori comunali di Macomer Masia e Luciani. Nel pomeriggio, a Ottana, non sono emersi fatti nuovi. L’appuntamento è per oggi alle dieci a Siniscola.
29 luglio 2008
Industria,via alla mobilitazione
L'UNIONE SARDA
La crisi industriale è sempre più forte e i sindacati si preparano a una forte mobilitazione a settembre. Dopo la Cisl anche Cgil e Uil si preparano alla mobilitazione per l’industria sarda. La crisi nell’isola è arrivata a un punto di non ritorno e i sindacati annunciano una serie di iniziative, a partire dai primi di settembre, per far fronte all’emergenza che coinvolge il settore produttivo. I tre sindacati, infatti, daranno vita a «una fase intensa di mobilitazione nei territori e nei luoghi di lavoro»: si partirà con una serie di assemblee interne ai tre sindacati.A metà del mese, inoltre, è prevista la convocazione del coordinamento unitario del settore industriale che dovrà decidere le iniziative da assumere, poiché non è più rinviabile «l’adozione di politiche d’intervento » per contenere il declino e favorire il rilancio dei settori produttivi. Non è escluso che proprio in quell’occasione venga decisa anche una giornata di sciopero generale dell’industria, in attesa di riaprire il confronto in sede regionale. È anche «urgente », ricordano le tre sigle, riattivare il tavolo negoziale con il Governo interrotto il 10 luglio del 2007 e «occorre un’immediata verifica degli accordi sottoscritti » così come prevedeva il verbale redatto dopo l’incontro a Palazzo Chigi. LA CRISI. La situazione del sistema produttivo sardo, scrivono i tre sindacati in una nota congiunta firmata da Piero Cossu (Cgil), Giovanni Matta (Cisl) e Michele Calledda (Uil), non accenna a migliorare. Il tasso di disoccupazione resta stabile al 13,5%. Lo stesso tasso di occupazione è fermo al 52,5%, e segna una distanza dall’indice medio nazionale di otto punti e di 18 dall’obiettivo di Lisbona fissato per il 2010 al 70%. «La condizione generale del tessuto sociale sardo evidenzia l’ulteriore impoverimento della comunità regionale con oltre 100.000 famiglie che vivono al di sotto della soglia di povertà e oltre 300.000 sardi interessati al fenomeno». E se la stagnazione riguarda l’intera economia dell’isola, a risentire maggiormente di questa situazione sono in particolare l’agricoltura, «condizionata dal forte indebitamento delle aziende che è pari al 50% della loro capacità produttiva», e l’industria che evidenzia un’ulteriore contrazione della base produttiva. Nel corso del 2007 gli occupati del settore sono diminuiti di 5.000 unità, appesantendo una situazione già difficile. Basti pensare che l’occupazione dell’industria sarda rappresenta appena l’11,5% dell’intera forza lavoro dell’isola, mentre a livello nazionale il settore manifatturiero rappresenta il 23,5 % dell’intera forza lavoro.
LE CHIUSURE. Nel corso dell’ultimo anno interi impianti produttivi sono stati chiusi mentre altri si trovano in una «condizione difficile e precaria». La messa in liquidazione della Legler fa seguito alla chiusura di impianti come Unilever, Palmera (in parte riaperta sotto un altro marchio), Idea Motore di Nuoro solo per citarne alcuni. E negli ultimi giorni è stata annunciata anche la chiusura della ex Valriso e della Otefal e la conseguente perdita di altri 200 posti di lavoro. È la stessa Regione, in un suo report, infatti a parlare di almeno 36 aziende in difficoltà, mentre dal rapporto del Censis si evince che la Sardegna sta vivendo una condizione non riscontrabile negli ultimi 15 anni «e presenta una realtà regionale che ha difficoltà a confrontarsi con il sistema nazionale e internazionale ». Il ricorso alla Cassa integrazione in deroga, peraltro, interessa 3.000 lavoratori, mentre è evidente, come hanno rilevato anche l’Isae e il Centro studi dell’Unione Sarda, il peggioramento nell’indice di fiducia delle imprese e la contrazione degli investimenti. LE RICHIESTE. In un tale scenario di crisi, le sigle sindacali parlano di «un’indubbia difficoltà a rappresentare politicamente la complessità di tale condizione, mentre nel contempo alcuni strumenti risultano inutilizzati». Per esempio, gli accordi sottoscritti con il Governo «risultano parzialmente o totalmente inapplicati ». A iniziare dall’Accordo di programma per la chimica, siglato nel 2003, la cui dote di 300 milioni di euro è stata utilizzata solo in minima parte: sono solo 38 i milioni spesi. Anche l’intesa per l’energia «risulta parzialmente applicata e dopo il 2010, in assenza di interventi strutturali e certi, la situazione - con il ritorno delle tariffe imposte dal mercato - potrebbe riproporsi in tutta la sua gravità», denunciano i sindacati, che ricordano anche la stasi «negli investimenti su infrastrutture, continuità territoriale delle merci e la soppressione del servizio cargo di Ferrovie dello Stato che nei fatti condiziona negativamente» il sistema Sardegna.
La crisi industriale è sempre più forte e i sindacati si preparano a una forte mobilitazione a settembre. Dopo la Cisl anche Cgil e Uil si preparano alla mobilitazione per l’industria sarda. La crisi nell’isola è arrivata a un punto di non ritorno e i sindacati annunciano una serie di iniziative, a partire dai primi di settembre, per far fronte all’emergenza che coinvolge il settore produttivo. I tre sindacati, infatti, daranno vita a «una fase intensa di mobilitazione nei territori e nei luoghi di lavoro»: si partirà con una serie di assemblee interne ai tre sindacati.A metà del mese, inoltre, è prevista la convocazione del coordinamento unitario del settore industriale che dovrà decidere le iniziative da assumere, poiché non è più rinviabile «l’adozione di politiche d’intervento » per contenere il declino e favorire il rilancio dei settori produttivi. Non è escluso che proprio in quell’occasione venga decisa anche una giornata di sciopero generale dell’industria, in attesa di riaprire il confronto in sede regionale. È anche «urgente », ricordano le tre sigle, riattivare il tavolo negoziale con il Governo interrotto il 10 luglio del 2007 e «occorre un’immediata verifica degli accordi sottoscritti » così come prevedeva il verbale redatto dopo l’incontro a Palazzo Chigi. LA CRISI. La situazione del sistema produttivo sardo, scrivono i tre sindacati in una nota congiunta firmata da Piero Cossu (Cgil), Giovanni Matta (Cisl) e Michele Calledda (Uil), non accenna a migliorare. Il tasso di disoccupazione resta stabile al 13,5%. Lo stesso tasso di occupazione è fermo al 52,5%, e segna una distanza dall’indice medio nazionale di otto punti e di 18 dall’obiettivo di Lisbona fissato per il 2010 al 70%. «La condizione generale del tessuto sociale sardo evidenzia l’ulteriore impoverimento della comunità regionale con oltre 100.000 famiglie che vivono al di sotto della soglia di povertà e oltre 300.000 sardi interessati al fenomeno». E se la stagnazione riguarda l’intera economia dell’isola, a risentire maggiormente di questa situazione sono in particolare l’agricoltura, «condizionata dal forte indebitamento delle aziende che è pari al 50% della loro capacità produttiva», e l’industria che evidenzia un’ulteriore contrazione della base produttiva. Nel corso del 2007 gli occupati del settore sono diminuiti di 5.000 unità, appesantendo una situazione già difficile. Basti pensare che l’occupazione dell’industria sarda rappresenta appena l’11,5% dell’intera forza lavoro dell’isola, mentre a livello nazionale il settore manifatturiero rappresenta il 23,5 % dell’intera forza lavoro.
LE CHIUSURE. Nel corso dell’ultimo anno interi impianti produttivi sono stati chiusi mentre altri si trovano in una «condizione difficile e precaria». La messa in liquidazione della Legler fa seguito alla chiusura di impianti come Unilever, Palmera (in parte riaperta sotto un altro marchio), Idea Motore di Nuoro solo per citarne alcuni. E negli ultimi giorni è stata annunciata anche la chiusura della ex Valriso e della Otefal e la conseguente perdita di altri 200 posti di lavoro. È la stessa Regione, in un suo report, infatti a parlare di almeno 36 aziende in difficoltà, mentre dal rapporto del Censis si evince che la Sardegna sta vivendo una condizione non riscontrabile negli ultimi 15 anni «e presenta una realtà regionale che ha difficoltà a confrontarsi con il sistema nazionale e internazionale ». Il ricorso alla Cassa integrazione in deroga, peraltro, interessa 3.000 lavoratori, mentre è evidente, come hanno rilevato anche l’Isae e il Centro studi dell’Unione Sarda, il peggioramento nell’indice di fiducia delle imprese e la contrazione degli investimenti. LE RICHIESTE. In un tale scenario di crisi, le sigle sindacali parlano di «un’indubbia difficoltà a rappresentare politicamente la complessità di tale condizione, mentre nel contempo alcuni strumenti risultano inutilizzati». Per esempio, gli accordi sottoscritti con il Governo «risultano parzialmente o totalmente inapplicati ». A iniziare dall’Accordo di programma per la chimica, siglato nel 2003, la cui dote di 300 milioni di euro è stata utilizzata solo in minima parte: sono solo 38 i milioni spesi. Anche l’intesa per l’energia «risulta parzialmente applicata e dopo il 2010, in assenza di interventi strutturali e certi, la situazione - con il ritorno delle tariffe imposte dal mercato - potrebbe riproporsi in tutta la sua gravità», denunciano i sindacati, che ricordano anche la stasi «negli investimenti su infrastrutture, continuità territoriale delle merci e la soppressione del servizio cargo di Ferrovie dello Stato che nei fatti condiziona negativamente» il sistema Sardegna.
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