L'UNIONE SARDA - 10-06-2009
Cgil,Cisl e Uil:il nostro sistema produttivo è in ginocchio
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I sindacati sardi annunciano lo sciopero generale. Contro la crisi, Cgil, Cisl e Uil aprono una nuova stagione di lotta e di mobilitazione. Il governatore Cappellacci convoca un incontro il 15 giugno. La crescita è a zero. Centinaia di imprese chiedono la cassa integrazione. Migliaia di lavoratori rischiano il posto. E la povertà dilaga. Di fronte al baratro economico, la reazione dei sindacati sardi è la mobilitazione generale. Un campanello d’allarme diretto al Governo e alla giunta regionale che suonerà con uno sciopero da organizzare entro i primi dieci giorni di luglio.
L’annuncio è stato dato ieri all’hotel Mediterraneo di Cagliari, durante l’assemblea regionale dei quadri e delegati del settore industria e dei servizi. «Nel contesto della recessione internazionale e delle scelte di politica economica sbagliate del Governo», si legge in una nota firmata da Cgil, Cisl e Uil, «la nostra Regione rischia di vedere annichilito il suo già precario apparato produttivo».
L’ASSEMBLEA. Davanti a più di mille di dirigenti sindacali, i leader di Cgil, Cisl e Uil (Enzo Costa, Mario Medde e Francesca Ticca hanno dedicato un minuto di silenzio alle vittime dell’incidente in Saras) ribadiscono la necessità di avviare una nuova fase di lotta che coinvolgerà tutte le istituzioni. «Si tratta di costruire una mobilitazione che porti la crisi sarda a Palazzo Chigi», dice Enzo Costa. «Occorre dare forza alle rivendicazioni della Sardegna: questa crisi non si può risolvere tutta in casa nostra». Secondo il leader regionale della Cisl, Mario Medde, «la manifestazione di piazza non basterà. Chiediamo al presidente Cappellacci di fissare, entro la fine del mese, un incontro con il Governo nazionale, per siglare un accordo di programma che difenda i siti produttivi esistenti». In ballo ci sono problemi che scottano: «Lavoro, sicurezza e sviluppo sono le priorità», ricorda Francesca Ticca. Per il numero uno della Uil è necessaria «una mobilitazione affinché la classe politica rispetti le tabelle di marcia già definite».
I NUMERI. «I dati Istat», commentano i tre sindacalisti, «evidenziano un significativo peggioramento delle condizioni dell’economia regionale, con un deciso incremento dell’indice di povertà che interessa ormai il 22,2% della comunità sarda e oltre 400 mila persone. Ciò anche in conseguenza del perdurante tasso di disoccupazione », aggiungono, «stimato attorno al 13%, della caduta del Pil, fermo da molti anni allo 0,4%, del blocco degli investimenti e della caduta delle esportazioni».
LA POLITICA. Tutto ciò «appare la conseguenza delle incertezze con cui la Sardegna si è disposta ad affrontare il ritardo infrastrutturale dell’Isola, che è la causa principale della desertificazione». Pesa inoltre «l’assenza di una politica industriale di largo respiro», incalzano i sindacalisti, «capace di orientare il consolidamento dell’apparato produttivo attraverso l’attrazione di nuova impresa e l’ammodernamento di quella esistente». Immediata la replica del governatore Ugo Cappellacci: «Le preoccupazioni richiedono una accelerazione delle risposte». Il presidente della Regione ha annunciato un incontro con i sindacati per il prossimo 15 giugno.
LE AZIENDE. Intanto, però, il tessuto produttivo si sgretola. «Le multinazionali presenti in Sardegna si sono ritirate lasciando macerie economiche e sociali», evidenziano i sindacati. Tanti i casi: l’olandese Unilever, la russa Rusal, la svedese Rockwool, l’americana Dow Chemical e l’inglese Ineos. Per non parlare del Sulcis «andato pesantemente in crisi nel volgere di pochi mesi». O il polo tessile Nuorese che «non esiste più». C’è poi il petrolchimico di Porto Torres «che attraversa la più grave crisi mai vissuta dal suo insediamento » e che ha inanellato l’ultima debacle «con l’operazione Sartor, miseramente fallita» e con «l’intenzione di Eni di abbandonare quel comparto produttivo».
LE PROVINCE. Stesso discorso per la Gallura che vede le sue storiche aziende del granito e del sughero navigare in cattive acque, mentre tanti lavoratori sono rimasti disoccupati per la crisi dell’ex Palmera, Plastwood e Novamarine, e le dismissioni dei presidi militari a La Maddalena. Non solo. «Le sporadiche presenze industriali dell’Oristanese e del Medio Campidano», affermano i sindacati, «non seguono sorte migliore: il polo nautico dell’Ogliastra, indicato come l’alternativa alla cartiera, ha rallentato il passo». Anche «il territorio di Cagliari sconta la crisi della chimica e del manufatturiero », registrando «disimpegni» nell’agroalimentare e nei servizi, con una riduzione del lavoro stagionale e l’espulsione di numerosi precari.
LANFRANCO OLIVIERI
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