17 maggio 2008

Sit-in Lavoratori Unilever


17 mag. - CAGLIARI, «Unilever rispetti gli accordi»



«Avevamo il sospetto che l’Unilever non avrebbe mantenuto la parola, oggi ne siamo quasi certi».E’ il commento del presidente della Provincia di Cagliari Graziano Milia che esprime piena solidarietà ai lavoratori che hanno occupato l’azienda di viale Marconi per evitare lo smantellamento di apparecchiature che, secondo quanto previsto nell’accordo di programma, dovevano rimanere nella sede di Cagliari. «Sosterremo ogni iniziativa dei lavoratori – afferma Milia - e ci attiveremo per richiamare tutti al rispetto degli accordi sottoscritti». Milia lancia un appello al sistema delle autonomie locali, in particolare ai Comuni interessati, perché facciano sentire la loro voce di protesta e rivolge un invito alla Regione sarda per un intervento immediato.«Per le più becere logiche di mercato e al di fuori di ogni etica d’impresa – prosegue Milia – viene chiusa una fabbrica in attivo. E’ più che mai necessario – conclude – favorire la ricerca di un acquirente ed evitare che la decisione di Unilever possa avere ripercussioni sull’apparato produttivo dell’intera provincia». (red) (admaioramedia.it)

10 maggio 2008

Unilever: Bertolli non è in vendita


Roma, 9 mag (Fonte:Velino) - “Bertolli non è in vendita, è un brand solidissimo e nel quale crediamo fortemente”, hanno dichiarato al VELINO da Unilever, la multinazionale da 40 miliardi di euro l’anno che avrebbe messo in vendita, secondo alcuni organi si stampa, lo storico marchio italiano dell’olio d’oliva. Un marchio che oggi, con circa 600 milioni di euro di fatturato, è leader nel mondo per quanto riguarda il settore. L’intenzione è invece quella, hanno spiegato ancora dalla multinazionale, “di trovare un partner strategico in grado di mettere l’azienda nella condizione di crescere nella direzione di uno sviluppo a lungo termine che garantisca continuità occupazionale”. La politica di Unilever, seconda multinazionale al mondo per i beni di largo consumo - con brand come tè Lipton, Algida, Findus e Knorr - è quella di concentrarsi su prodotti ‘globali’ sui quali si possano ottenere ampi margini di guadagno. E Bertolli, con le salse, i sughi pronti e le paste vendute all’estero, rientra tra questi. “Abbiamo deciso di cercare un partner per quanto riguarda solo i segmenti olio e aceto della linea Bertolli perché essendo prodotti direttamente legati alle materie prime - e sui quali non è possibile attuare particolari rincari, ndr - non rientrano tra le nostre prerogative. Unilever è specializzata nella commercializzazione e nella vendita, più che nella produzione diretta”. È ufficiale quindi un’ispezione di mercato nella quale si dichiara la ricerca di un potenziale partner, ma secondo alcune indiscrezioni raccolte dal VELINO, la strada è ancora lunga e si potrà parlare di eventuali trattative solo tra parecchi mesi. Diversa la situazione per quanto riguarda altri tre brand italiani sempre di proprietà Unilever. “La ricerca di un potenziale acquirente riguarda invece Maya e Dante per quanto attiene al settore dell’olio d’oliva e Santa Rosa per le confetture”, precisano dalla multinazionale. Nonostante quest’ultima sia definita dalla multinazionale “un gioiello locale” da quasi 100 milioni di euro di fatturato, non rientra nella politica avviata da Unilever che è quella di concentrarsi in prodotti “da vendere a livello planetario”.
Sebbene la multinazionale garantisca di non voler vendere Bertolli, la Confederazione italiana agricoltori rimane sulla posizione dei giorni scorsi. Quando aveva addirittura auspicato una cordata nazionale per riconquistare lo storico brand del Made in Italy alimentare. “La sostanza in realtà non cambia”, ha spiegato al VELINO Enzo Mastrobuoni, responsabile economico della Cia. “La logica di una cordata italiana rimane per quanto riguarda Dante, Maya e Santa Rosa perché riteniamo che l’agroalimentare italiano debba, se possibile, tornare in mani italiane”. Secondo Mastrobuoni la questione è semplice: “bisogna utilizzare i marchi italiani per valorizzare la produzione nazionale”. Ma non solo. Secondo la confederazione agricola il mantenimento di questi marchi è finalizzato anche a garantire le produzioni italiane, e quindi, a cascata, gli agricoltori. “Intanto si può ragionare su questi tre brand – ha concluso Mastrobuoni – anche se sarei curioso di saperne di più riguardo le caratteristiche che dovrà avere il partner di Bertolli”. Anche secondo Franco Verrascina, vicepresidente vicario della Confederazione dei produttori agricoli (Copagri) è dell’idea che l'Italia debba riconquistare una fetta di mercato che è finita negli ultimi anni in mani straniere. “In Unilever c’è un forte capitale spagnolo – ha spiegato al VELINO – ed è chiaro che è più probabile che Bertolli usi olive spagnole piuttosto che quelle di origine italiana”. Occorre, secondo Verrascina, “riconquistare, con l’aiuto di brand prestigiosi, l’ampia fetta di mercato persa negli ultimi anni. Ormai la guerra è tra i marchi e per quel che si voglia dire – ha concluso - quelli italiani rappresentano sempre qualità e sicurezza”.

(Edoardo Spera) 9 mag 2008 18:10

9 maggio 2008

Donne e lavoro, Sardegna cenerentola




Il Crel: disoccupazione al 14,7% e retribuzioni inadeguate


Tra i disoccupati sardi le donne sono il doppio degli uomini. Un limite cui si aggiungono molti altri primati negativi. Un convegno del Crel. In Sardegna la disoccupazione femminile è doppia rispetto a quella maschile: il 14,2% contro il 7,2%.Anche se «la maggioranza delle persone in cerca di lavoro è costituita proprio da donne». Un dato messo in evidenza dalla Consigliera regionale di parità Luisa Marilotti, componente del Crel, nel corso del convegno “Quali politiche per l’occupazione femminile in Sardegna”, promosso dal Consiglio regionale dell’economia e del lavoro e ospitato dalla Camera di commercio di Cagliari.

I LIMITI. «Le donne», dice Luisa Marilotti, «fanno fatica a entrare nel mondo del lavoro e a rimanerci in condizioni eque rispetto alle loro capacità. E a ricoprire ruoli di vertice. Una disparità di trattamento ingiustificata sul piano dell’efficienza e della giustizia sociale». Secondo Gino Mereu, presidente del Crel, ci si deve soffermare su un fenomeno verso il quale «c’è scarsa attenzione. In genere si prendono in esame solo i numeri in assoluto sulla disoccupazione». Marcata nell’isola è la differenza nel tasso di partecipazione al lavoro e nel trattamento economico. «Siamo agli ultimissimi posti in Europa per ampiezza del differenziale di occupazione, retribuzione e carriera, che è del 27%. E poi non è riconosciuto e remunerato il più elevato livello di istruzione. Quasi il 60% della popolazione maschile», fa notare Luisa Marilotti, «è in possesso al massimo della licenza media mentre, al contrario, il 60% delle donne sarde è almeno diplomata».

L’ISTRUZIONE. «Troppe lavoratrici», evidenzia la Consigliera, «non possono fare affidamento sull’organizzazione sociale e aziendale. E sono in difficoltà nella gestione familiare. Per questo rinunciano ad avere figli: la Sardegna ha il record negativo, in Italia, per tasso di fecondità, con l’1,06 di numero di figli per donna nel 2007, come attesta l’Istat». Numerosi gli ostacoli che si trovano ad affrontare anche le imprenditrici. «Solo il 16% delle imprese femminili accede al credito, contro il 60% delle aziende maschili », mette in rilievo Maria Cocco, presidente del Comitato imprenditoria femminile della Camera di commercio. «Dal 2004 al 2007, su 20 mila nuovi occupati, 5 mila sono donne. Dal 1996 al 2006, su 60 mila, le donne erano 47 mila», rileva Maria Letizia Pruna, docente di Sociologia economica dell’Università di Cagliari. «Assistiamo a un rallentamento della femminilizzazione nel lavoro e una delle chiavi per innescare un circuito virtuoso è investire nei servizi all’infanzia, che creano posti di lavoro e favoriscono il lavoro delle donne».

MARIANGELA LAMPIS

8 maggio 2008

Unilever vende l'olio Bertolli




Bertolli, il marchio di olio d'oliva numero uno al mondo – messo in vendita da Unilever insieme ad altri marchi – potrebbe tornare in mani italiane, posto che ci sia qualcuno disposto a investire almeno 6-700 milioni. E a prepararsi a un eventuale rilancio, se nella partita dovessero inserirsi gruppi esteri come gli spagnoli di Sos Cuetara che controllano Carapelli e che un anno fa hanno rilevato da Unilever il marchio Friol. Oppure i portoghesi della Nutrinvest, società familiare da 800 milioni di euro con interessi nell'olio di semi e d'oliva e che da tempo valuta opportunità in Italia.La decisione della multinazionale anglo-olandese di volere uscire dal business dell'olio di oliva (marchi Bertolli, Dante e San Giorgio) e di semi (Maya), nonchè delle conserve vegetali e delle confetture (Santa Rosa) per concentrarsi su attività industriali a filiera più breve e quindi più redditizie, non ha colto di sorpresa la business community alimentare presente al salone Cibus di Parma. «Indiscrezioni circolano da inizio anno – commenta Alfredo Mancianti, imprenditore oleario –. Quello che forse nessuno poteva conoscere è la modalità della cessione che, a quanto pare, Unilever vorrebbe con un'unica controparte. Ma quanti possono essere interessati contemporaneamente a olio, marmellate e passate di pomodoro?». Il giro d'affari viene stimato sui 600 milioni per l'area olio e sui 200 milioni per confetture e conserve.Sulla base di quanto dichiarato ieri dalla multinazionale olandese a Radiocor-Il Sole 24Ore, l'operazione riguarderebbe la vendita dello stabilimento di Inveruno, vicino a Milano, e i marchi Dante, Maya e Santa Rosa. Per Bertolli, che gli anglo-olandesi hanno in portafoglio dal 1995, quando rilevarono da Fisvi il business Cirio-Bertolli-DeRica, la formula sarebbe quella della concessione perpetua all'acquirente, riservando a Unilever l'uso dello stesso marchio per altri prodotti diversi dall'olio, una conferma esplicita del valore del brand Bertolli, conosciuto in tutto il mondo come espressione di eccellenza della tavola made in Italy.«Sarebbe bello dire sì, siamo interessati a Bertolli. Invece a malincuore rispondo di no. Troppo grande per noi – commenta Enrico Colavita, presidente dell'omonima azienda molisana tra i principali esportatori di extravergine d'oliva negli Usa –. Mi auguro solo che a comprare sia un gruppo italiano e, se per caso non dovesse esserlo, mi auguro che l'acquirente sia bravo come Unilever che sul brand Bertolli ha investito in continuazione». Angelo Cremonini, a.d. di Olitalia, replica: «Bertolli ancorché essere un gran bel marchio, non rientra nei nostri obiettivi, poiché siamo impegnati a promuovere il nostro brand, che esportiamo in 130 paesi».
(AGI) - Roma, 8 mag - Bisogna attivarsi immediatamente perche' Bertolli, il numero uno al mondo tra gli olii d'oliva, torni finalmente in mani italiane. Occorre, pertanto, avviare una cordata nazionale che impedisca che questo marchio prestigioso, oggi proprieta' della multinazionale Unilever, non finisca ancora una volta all'estero. A sollecitarlo e' la Cia-Confederazione italiana agricoltori preoccupata per la presenza sempre piu' massiccia di stranieri nell'agroalimentare del nostro Paese. La decisione dell'Unilever di uscire dai settori dell'olio d'oliva e di semi (oltre a Bertolli, dovrebbero essere messi in vendita marchi come Dante, San Giorgio e Maya) e delle conserve vegetali e delle confetture (Santa Rosa) rappresenta -afferma la Cia- un'importante occasione per riconquistare una fetta di un mercato che parla sempre piu' straniero. Da qui l'invito affinche' vengano utilizzati tutti gli strumenti oggi a disposizione per favorire una cordata tutta italiana, composta non solo da industriali, ma anche da cooperative e da organismi economici agricoli. Non e' certo un'operazione facile, pero' e' indispensabile -sostiene la Cia- fare il massimo sforzo possibile per non dare ulteriore spazio al capitale estero. Sarebbe, invece, opportuno rilanciare un marchio importante tutto "made in Italy". A giovarsene non sarebbe soltanto l'apparato agro-industriale italiano, ma anche il mondo agricolo nazionale che potrebbe valorizzare le sue produzioni di qualita'.(AGI)

La povertà cresce in Sardegna;Un’alleanza per combatterla

Ecodisardegna

Le associazioni impegnate nel sociale danno vita a un nuovo soggetto per contrastare un fenomeno che nell’Isola riguarda quasi il 17% delle famiglie. “Occorre sollecitare una redistribuzione del reddito a favore dei più emarginati”.

CAGLIARI – Contrastare la povertà in Sardegna attraverso una stretta vigilanza del fenomeno sul territorio e la sollecitazione di nuove politiche volte alla ridistribuzione del reddito a favore degli emarginati. È questo l’obiettivo dell'Alleanza delle associazioni contro le povertà, presentata oggi a Cagliari. Il nuovo soggetto vede insieme la Pastorale regionale del Lavoro, la Caritas Diocesana , le Acli, la Cisl, l'associazione Dialogo e Rinnovamento e la Coldiretti regionale, ma è aperto ad apporti esterni. L’Alleanza vuole "tenere alta l'attenzione sulle povertà e sull'esclusione sociale in generale” diventata "una vera emergenza".
Secondo i dati dell'Istat la povertà in Sardegna riguarda il 16,9% delle famiglie isolane, cioè 90.764 nuclei familiari (+15.984 in tre anni dal 2003) e 253.232 persone. Il fenomeno va di pari passo con la disoccupazione e la perdita del potere d'acquisto dei salari e pensioni. Secondo le rilevazioni relative al quarto trimestre del 2007, il tasso di disoccupazione in Sardegna si attesta all’11,2%, a fronte del 10,6% dello stesso trimestre dell’anno precedente. Le persone in cerca di lavoro sono 77mila (73mila nell'ultimo trimestre 2006). Secondo fonti Inps, inoltre, i lavoratori sardi in cassa integrazione e mobilità in deroga nel 2008 sono 3.000. I pensionati sono tra i più colpiti dalla povertà. Il valore medio mensile delle pensioni in Sardegna, infatti, è di 587,05 euro contro una media nazionale di 685,76 euro.
"Il tema del disagio e delle povertà deve diventare una questione prioritaria dell'agenda politica - spiegano i promotori dell'Alleanza - ed occorre contrastare l'esclusione sociale e la povertà con idonee azioni territoriali e valorizzare, nei progetti e nelle azioni, l'integrazione fra le politiche sociali, del lavoro, della formazione, abitative e sanitarie attraverso accordi locali e patti". L'Alleanza si impegna quindi a vigilare sul territorio per cogliere le situazioni di povertà che sfuggono ai dati ufficiali e a sollecitare politiche economiche che pongano al primo posto la redistribuzione del reddito a favore delle fasce più emarginate, valorizzando anche il ruolo e la funzione della famiglia, in particolare sulla non autosufficienza. Un altro obiettivo è inoltre, quello di concretizzare la predisposizione di redditi di inserimento sulla base di progetti personalizzati attraverso il superamento del sistema dei sussidi e contributi una tantum.


Un'Alleanza contro la povertà in Sardegna (L'Unione Sarda)

Il nuovo soggetto, presentato questa mattina a Cagliari, è costituito da numerose associazioni impegnate nel sociale e avrà l'obiettivo di monitorare il territorio per cogliere le situazioni di povertà che sfuggono ai dati ufficiali e sollecitare così le adeguate politiche economiche.

Un’alleanza per contrastare la povertà in Sardegna. Secondo l'Istat, infatti, il fenomeno riguarda il 16,9% delle famiglie isolane, pari a 90.764 nuclei familiari (+15.984 in tre anni dal 2003) e 253.232 individui. Fatto che va di pari passo con la disoccupazione e la perdita del potere d'acquisto dei salari e pensioni.Per questo molte associazioni impegnate nel sociale hanno costituito, e presentato questa mattina a Cagliari, un'Alleanza delle associazioni contro le povertà. ll nuovo soggetto, "aperto ad apporti esterni", raggruppa la Pastorale regionale del Lavoro, la Caritas Diocesana , le Acli, la Cisl, l'associazione Dialogo e Rinnovamento e la Coldiretti regionale. L'obiettivo è quello di "tenere alta l'attenzione sulle povertà e sull'esclusione sociale in generale, diventata, secondo le associazioni aderenti, "una vera emergenza". Anche la disoccupazione è sempre alta: le persone in cerca di lavoro negli ultimi tre mesi del 2007 erano 77mila contro le 73mila dell'ultimo trimestre 2006, mentre, secondo fonti Inps, i lavoratori sardi in cassa integrazione e mobilità in deroga nel 2008 sono 3.000. I pensionati sono tra i più colpiti dal fenomeno: il valore medio mensile delle pensioni sarde è di 587,05 euro contro una media nazione di 685,76 euro."Il tema del disagio e delle povertà deve diventare una questione prioritaria dell'agenda politica - hanno spiegato i promotori dell'Alleanza - ed occorre contrastare l'esclusione sociale e la povertà con idonee azioni territoriali e valorizzare, nei progetti e nelle azioni, l'integrazione fra le politiche sociali, del lavoro, della formazione, abitative e sanitarie attraverso accordi locali e patti". L'Alleanza si impegnerà a vigilare sul territorio per cogliere le situazioni di povertà che sfuggono ai dati ufficiali e a sollecitare politiche economiche che pongono al primo posto la redistribuzione del reddito a favore delle fasce più emarginate, valorizzando anche il ruolo e la funzione della famiglia, in particolare sulla non autosufficienza. I promotori dell'iniziativa vorrebbero, inoltre chiedere la predisposizione di redditi di inserimento sulla base di progetti personalizzati in modo che possa essere superata l'erogazione di sussidi e contributi una tantum e a contrastare l'esclusione sociale e la povertà con idonee azioni territoriali.