Le primarie per chiedere altri 5 anni
con una Sardegna in cammino
Fiducia anche se cambiare è scomodo
di Marco Murgia
Metafore e stilettate. Sguardo lungo e fiducia. Soprattutto partecipazione e impegno da parte di tutti, per rafforzare l'immagine di «una Sardegna in cammino». Nella tradizionale conferenza stampa di fine anno, buona per ricordare cosa ha fatto la Regione in questo 2007 e per rivolgere ai sardi «i migliori auguri per il 2008», il presidente Renato Soru traccia un bilancio che gli appare positivo. Senza negare «mesi di polemica viva»: generano «un rumore di fondo», non aiutano a capire che «l'azione politica è più importante dei personalismi» e provocano il frastuono di «un albero che cade», più forte «del silenzio di una foresta che cresce».
“Sardegna in cammino” e “foresta che cresce” sono solo alcune delle immagini utilizzate per descrivere la trasformazione dell'isola. Che non avviene in un anno, quindi il discorso si allarga inevitabilmente ai tre anni e mezzo di governo, ai prossimi 18 mesi di legislatura e anche a quella successiva. Perché se durante la conferenza stampa di fine 2006 la domanda senza risposta era stata quella sulla sua nuova candidatura, il presidente stavolta fuga ogni dubbio sulle elezioni regionali del 2009: parteciperà alla corsa, «all'interno delle regole del Partito democratico».
Certo, «avevo promesso ai sardi e a me stesso che avrei fatto solo cinque anni» e «c'è una parte di me che ogni giorno mi dice di tornarmene a casa»: ma «ho un po' di paura di lasciare le cose a metà». D'altronde «siamo abituati al telecomando, ma la scena di un popolo o di una regione non cambia in un istante»: ci sono «tempi irrinunciabili», sono quelli del «lavoro duro e della semina».
Impossibile negare quelli che appena un anno fa erano «aspri momenti di disagio» e oggi sono polemiche continue su qualunque azione della Giunta. «Ma governare significa scontentare», direttamente da un articolo di Michele Salvati sul Corriere della Sera, «ed è facile lasciarsi condizionare da chi è stato scontentato: ma è più utile concentrarsi sul senso dei cambiamenti. In questi tre anni abbiamo sicuramente preso decisioni scomode, ma in linea con il progetto che si sta portando avanti».
L'informazione in Sardegna: problema di democrazia
Fine delle metafore e via alle stilettate: la prima è per l'informazione in Sardegna. Se alla fine del 2006 Soru aveva confessato di avere «ogni giorno dubbi sulla qualità del lavoro fatto», e «quindi posso permettermi di pensare che ci siano ampi spazi di miglioramento anche nella qualità della comunicazione», beh, sembra proprio che quei passi avanti non ci siano stati: «Quando il direttore de L'Unione Sarda arriva ad accusarmi, dalla prima pagina, di essere la causa del declino del Cagliari Calcio o quando la maggiore emittente privata regionale non sente il dovere, in tre anni, di intervistare una volta il presidente della Regione, è evidente che c'è un problema di democrazia».
Non è poco, con davanti il presidente dell'Ordine regionale dei giornalisti, Filippo Peretti, che ribatte: «C'é un problema di democrazia quando i giornali sono troppo filogovernativi, senza per questo dire che hanno ragione quando fanno opposizione». D'accordo, ricorda Soru, ma il «dovere dei giornalisti è quello di attenersi ai fatti e i problemi nascono quando i giornali prescindono dai fatti».
Mica da niente, a pensarci bene: «È un problema e serve che prima o poi ci si metta mano». Non è una minaccia da dittatura sudamericana: piuttosto è il motivo per cui «ho salutato con favore il digitale terrestre, come opportunità per nuovi canali e maggiore pluralismo». Uno, nelle idee del presidente, dovrà essere associato alla pubblica amministrazione: in modo che «possa fare informazione anche con la televisione», con un direttore e un comitato di redazione scelto da «un folto gruppo di figure istituzionali sarde», per garantire la massima trasparenza. In che altro modo, sembra di capire, si può comunicare all'esterno quanto di buono si è fatto in questa legislatura?
L'isola in movimento: «Non uccidere la speranza»
Un'ora, quasi, per ricordare i «risultati importanti»: come l'approvazione dopo 24 anni del piano sanitario regionale; il riequilibrio dei conti i sanità; i fondi stanziati per i nuovi ospedali; il riequilibrio di bilancio ottenuto con la battaglia sulle entrate senza chiedere sacrifici ai cittadini e investendo in politiche sociali, lavoro e sviluppo; i trasporti - con i nuovi treni veloci per la tratta Sassari-Cagliari, che saranno collaudati entro gennaio e un parco macchine, quello dell'Arst totalemente rinnovato con altri 250 pullman dopo i 119 acquistati nei mesi scorsi - e ambiente; l'accresciuta visibilità internazionale della Sardegna con il vertice di Alghero con l'Algeria, quello del D10 a Cagliari, il G8 in programma a La Maddalena; il piano paesaggistico regionale («Uno dei fiori all'occhiello di questa legislatura. Ne siamo orgogliosi ed è studiato a livello nazionale e internazionale»), che scontenta ma «interessa il futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti».
Tutti segnali di quel cambiamento per cui non basta il tasto di un telecomando, ma servono tempo e volontà, «per andare oltre la lettura veloce dei semplici fatti». Tutti temi «portati avanti in silenzio che però mostrano una Sardegna cambiata»: di nuovo, «non facciamoci distrarre dal rumore di un albero che cade ma guardiamo alla consapevolezza della foresta che cresce velocemente come avevamo promesso: io e la Giunta facciamo serenamente il nostro lavoro, con la consapevolezza di questo cambiamento».
Consapevolezza - ripetuta una, due, tre volte - è la parola chiave di quest'anno, dopo che nel 2006 si parlava di responsabilità: segnale «di fiducia e incoraggiamento». Un augurio che in sostanza è anche un appello: quella foresta «crescerà ancora meglio se oltre quello della pubblica amministrazione ci sarà il lavoro delle imprese e di ogni singolo cittadino che ha il coraggio di mettersi in gioco: non chiediamoci solo cosa la Regione può fare per noi, ma anche cosa ciascuno di noi può fare per far crescere questa terra». Perché «continuo a guardare alla Sardegna tra 20 anni e lavoriamo al programma in silenzio». Sono la lungimiranza e la partecipazione dell'inizio.
Il problema è che a guardare troppo al futuro si perde di vista il particolare: dato dalle manifestazioni di piazza e dai sit-in continui sotto il palazzo di viale Trento. In due parole: disagio sociale. In quattro industrie che chiudono e nel lavoro precario. «Serve lamentarci o fare di più? Il disagio sociale ci chiede di fare più in fretta quello che stiamo facendo»: cioè «non sbagliamo ora, ma abbiamo sbagliato venti anni fa a inseguire il falegname e non l'università, a investire 340 milioni di euro nella formazione professionale». Allora serve muoversi in fretta ora, altrimenti «lavoro precario e disagio sociale saranno solo l'inizio».
Nel frattempo «cerchiamo di curare le vecchie e le nuove ferite». Le prime sono le vertenze irisolte da decenni: «Sono problemi nati in questi tre anni e mezzo quello della Legler o della Silius?», chiede Soru. La seconda è legata all'Unilever e alla «globalizzazione che spinge a chiudere uno stabilimento che produce ed è in salute per delocalizzare e risparmiare anche sulla manodopera»: perché «la Sardegna di oggi non è più quella di dieci anni fa», e ugualmente si sono trasformati i mercati e le regole dell'economia mondiale. Con quella serve fare i conti e per questo «serve investire sulla ricerca e sulla conoscenza: lo stiamo facendo, con il Master and Back e le risorse destinate alle Università e alle scuole di ogni ordine». Con Gramsci e don Milani - citato a memoria: «Buttare nel mondo contemporaneo un giovane senza istruzione è come buttare in cielo un passero senza ali» - come punti di riferimento costanti dopo i convegni e le tavole rotonde svolte durante l'anno.
Saatchi, consorzi e maggioranza: le questioni irrisolte
Diciotto mesi da qui alla fine della legislatura, con la conferma della ricandidatura per il 2009: restano in piedi diverse passaggi irrisolti, legati alla stessa coalizione di governo ma anche a giudizi pendenti da parte della magistratura. Sulla maggioranza di centrosinistra pesa la distanza fra lo spirito attuale e quello del 2004, tutto incentrato sulla via delle riforme: due in particolare, nell'ultimo anno, hanno mandato in fibrillazione i rapporti fra il presidente e i suoi alleati. La discussione sulla legge statutaria, in primo luogo: prima votata in Consiglio regionale e poi sottoposta a referendum abrogativo appoggiato da buona parte del centrosinistra, ora in attesa della decisione della Corte costituzionale sulla validità a o meno della consultazione popolare.
Uno dei punti caldi erano gli articoli che riguardavano il conflitto di interessi: «Siamo stati la prima Regione a scriverle. Qualcuno ha proposte migliori da fare? In Consiglio regionale non le ho sentite e le aspetto per la discussione». Torna di attualità, in questo contesto, Tiscali: «C'è stata una separazione nettissima fra me e Tiscali, di cui mi sono purtroppo occupato poco negli ultimi anni. È stato un sacrificio per la società e un sacrificio per me che entrambi abbiamo pagato caro». Non una cesura, con la sua creazione, «ma una separazione netta. Non credo che abbia influito su niente, per chi vuole vedere le cose in buona fede», ha aggiunto il presidente, sottolineando di aver messo da parte negli ultimi anni «qualsiasi cosa fosse di mio interesse. Le poche cose che Tiscali aveva fatto con la precedente amministrazione regionale le ho cancellate».
Il secondo punto riguarda i consorzi industriali: direttamente le diverse correnti nel Partito democratico e indirettamente i malumori in tutta la coalizione. Eppure il Soru-pensiero è già noto: «I consorzi devono essere aboliti. Il loro compito storico è abbondantemente superato: non sarà una riforma all'acqua di rose perché non devono pesare sulle spalle del sistema Sardegna. Ma è una riforma dannosa per alcuni gruppi di persone, compreso chi ricopre ruoli politici. Cosa deciderò di fare se la maggioranza decidesse diversamente? Se non andremo d'accordo e staremo separati, ci penserò su con molta attenzione e con la giusta coerenza. Credo però che ci sia la volontà di proseguire la legislatura e quindi sono fiducioso». Chi vuole può leggerci un avvertimento.
Un'altra stilettata, viste le tensioni di queste settimane, potrebbe avere ripercussioni non da poco: «Non credo che con la coalizione attuale avremmo potuto approvare il Piano paesaggistico», ha detto Soru, ma è anche vero che «man mano che ci si avvicina alle elezioni, le singole parti politiche rivendicano maggiore visibilità e prevalgono anche interessi particolari dei singoli consiglieri che puntano a essere rieletti»: è una chiave di lettura per «l'anomalia di una finanziaria ferma in commissione da oltre un mese».
Poi le magistrature, a iniziare dalla sospensione del giudizio di parificazione del bilancio da parte della Corte dei conti e l'impugnazione del Governo delle disposizioni sulle imposte regionali, sino alla recente sentenza del Tar sul caso Saatchi e l'inchiesta penale in corso. L'avvertimento è uno solo: «Questa amministrazione vuole stare totalmente dentro le regole, anche mettendole dove non ci sono: chi lavora compie degli errori che possono essere riparati, ma non vogliamo forzature nelle norme». È il motivo per cui «sono sereno in attesa dell'azione della magistratura penale».
L'attesa è buona per togliersi qualche sassolino dalla scarpa: «Per la prima volta in 60 anni di autonomia si è fatta una commissione consiliare di inchiesta che non ha voluto neanche ascoltarmi, nonostante l'abbia sollecitato più volte. Dopo tutti questi discorsi, dopo che la commissione aveva detto che la gara era da rifare, è successo che il Tar ha detto che la gara è valida ma ha escluso Saatchi perché non aveva un certificato di qualità». Serve anche per un'autocritica: «Dico allora che abbiamo scritto male il bando: non è possibile che si possa dire che la Saatchi, che lavora con i grandi del mondo, non ha la qualità per lavorare con la Regione Sardegna. Ma non ho nominato io la commissione né ho detto null'altro se non “state attenti e fate vincere la proposta migliore”».
Ma, conclude Soru su questo punto, quando «ho proposto un'inchiesta che dall'appalto Sisar venisse estesa a quelli degli anni precedenti, anche per verificare come avevamo utilizato i soldi noi e il centrodestra, si sono eclissati tutti. L'inchiesta non interessava più nessuno, tutti alla larga. Apprendo dai giornali che ora è però l'autorità giudiziaria a occuparsi e indagare su quegli appalti precedenti, sui quali il Consiglio si è tirato indietro. Aspetto con la stessa fiducia l'esito delle inchieste».