9 maggio 2008

Donne e lavoro, Sardegna cenerentola




Il Crel: disoccupazione al 14,7% e retribuzioni inadeguate


Tra i disoccupati sardi le donne sono il doppio degli uomini. Un limite cui si aggiungono molti altri primati negativi. Un convegno del Crel. In Sardegna la disoccupazione femminile è doppia rispetto a quella maschile: il 14,2% contro il 7,2%.Anche se «la maggioranza delle persone in cerca di lavoro è costituita proprio da donne». Un dato messo in evidenza dalla Consigliera regionale di parità Luisa Marilotti, componente del Crel, nel corso del convegno “Quali politiche per l’occupazione femminile in Sardegna”, promosso dal Consiglio regionale dell’economia e del lavoro e ospitato dalla Camera di commercio di Cagliari.

I LIMITI. «Le donne», dice Luisa Marilotti, «fanno fatica a entrare nel mondo del lavoro e a rimanerci in condizioni eque rispetto alle loro capacità. E a ricoprire ruoli di vertice. Una disparità di trattamento ingiustificata sul piano dell’efficienza e della giustizia sociale». Secondo Gino Mereu, presidente del Crel, ci si deve soffermare su un fenomeno verso il quale «c’è scarsa attenzione. In genere si prendono in esame solo i numeri in assoluto sulla disoccupazione». Marcata nell’isola è la differenza nel tasso di partecipazione al lavoro e nel trattamento economico. «Siamo agli ultimissimi posti in Europa per ampiezza del differenziale di occupazione, retribuzione e carriera, che è del 27%. E poi non è riconosciuto e remunerato il più elevato livello di istruzione. Quasi il 60% della popolazione maschile», fa notare Luisa Marilotti, «è in possesso al massimo della licenza media mentre, al contrario, il 60% delle donne sarde è almeno diplomata».

L’ISTRUZIONE. «Troppe lavoratrici», evidenzia la Consigliera, «non possono fare affidamento sull’organizzazione sociale e aziendale. E sono in difficoltà nella gestione familiare. Per questo rinunciano ad avere figli: la Sardegna ha il record negativo, in Italia, per tasso di fecondità, con l’1,06 di numero di figli per donna nel 2007, come attesta l’Istat». Numerosi gli ostacoli che si trovano ad affrontare anche le imprenditrici. «Solo il 16% delle imprese femminili accede al credito, contro il 60% delle aziende maschili », mette in rilievo Maria Cocco, presidente del Comitato imprenditoria femminile della Camera di commercio. «Dal 2004 al 2007, su 20 mila nuovi occupati, 5 mila sono donne. Dal 1996 al 2006, su 60 mila, le donne erano 47 mila», rileva Maria Letizia Pruna, docente di Sociologia economica dell’Università di Cagliari. «Assistiamo a un rallentamento della femminilizzazione nel lavoro e una delle chiavi per innescare un circuito virtuoso è investire nei servizi all’infanzia, che creano posti di lavoro e favoriscono il lavoro delle donne».

MARIANGELA LAMPIS