16 ottobre 2007

Industria e agricoltura: due settori,un destino comune




Industria e agricoltura: due settori uniti da un destino comune e con un futuro nerissimo. La crisi economica dell'isola investe in pieno l'industria e l'agricoltura. E i sindacati hanno deciso che non si può più attendere. È giunto il momento della mobilitazione, per far sentire la voce dei campi e degli stabilimenti industriali che trasformano i prodotti tipici sardi. Ieri i sindacati di categoria dell'industria agroalimentare hanno deciso di proclamare lo stato di agitazione sottolineando «la situazione drammatica» del settore.

I SINDACATI Per Cgil, Cisl e Uil si deve accelerare sull'Accordo di programma, chiesto attraverso il confronto Giunta-Governo sull'intesa istituzionale, che però fa segnare un rallentamento, tanto che i sindacati confederali sono pronti allo sciopero.

L'Accordo di programma è «lo strumento giusto perchè affronterebbe l'emergenza ponendo le basi anche per garantire una prospettiva al settore, a patto che oltre alle risorse finanziarie ci siano volontà e progetti», scrivono Tore Mallocci, Graziano Meloni e Pasquale Deiana, leader di Flai-Cgil, Fai-Cisl e Uila.

L'ELENCO Le situazioni di crisi, in Sardegna, sono numerose. A iniziare da Unilever , la multinazionale che ha deciso di chiudere lo stabilimento di Cagliari, cancellando 280 posti di lavoro tra stagionali e precari, spiegano i sindacati in una nota. E questo avviene nonostante «lo stabilimento sardo sia il più efficiente e produttivo della rete nazionale, a detta della stessa Unilever, ma viene cancellato con scelte assurde e unilaterali maturate fuori dall'Italia». Le scelte comunitarie, allo stesso tempo, hanno inciso sul destino della Sadam di Villasor, uno dei 14 stabilimenti italiani in crisi del settore saccarifero: 82 lavoratori fissi e 200 precari hanno perso il loro posto di lavoro mentre 400 aziende agricole «vedono ridotte le loro possibilità di produrre e di contribuire all'economia sarda», ricordano i sindacati.

La crisi della Palmera di Olbia riempie quotidianamente le cronache dei giornali. «Un marchio glorioso rischia di essere svenduto a ditte concorrenti abbandonando la fabbrica, i lavoratori e il territorio della Gallura», osservano le tre sigle sindacali. A rischio ci sono oggi 240 posti di lavoro diretti (nel 2003 erano 480) a Olbia e 24 a Milano, «mentre emergono progetti fantasiosi e altri, di tipo speculativo, restano sullo sfondo. Eppure ci sarebbero altre proposte di imprenditori che intendono rilevare l'azienda per rilanciarla. In sostanza viene ignorata la possibilità di continuità produttiva, economica e occupazionale», sostengono ancora Cgil, Cisl e Uil.

A queste crisi va aggiunta anche l'annata difficile della Casar : nell'ultima stagione si sono persi oltre 70 mila quintali di produzione di pomodoro da industria (330.000 invece di 400.000) che si traduce in un taglio del 25% delle giornate lavorative per 400 precari. E infine a Oristano, l'Isola Dolce , ha deciso di mandare a casa 24 lavoratori su 36, mentre la Martini , che attraversa un periodo di crisi, ha ridotto l'organico di 20 dipendenti su 100.

LE PROPOSTE Una situazione che appare come un vero e proprio campo di battaglia. Nonostante questo, i sindacati denunciano l'inerzia della Regione: «È possibile che la Giunta regionale e il ministro dello Sviluppo economico trascurino tutto ciò sino all'irreparabile», protestano i rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil, «la Giunta Regionale deve battere un colpo, il Governo nazionale deve rispondere. E le imprese, le aziende agricole cosa fanno? Vogliono o no rispondere con scelte anche coraggiose in termini di investimenti, ricerca e formazione per reggere l'impatto e la concorrenza con un mercato sempre più aggressivo e globalizzato?».

Nonostante i molti scioperi, sit-in e assemblee già attuati a Olbia, Cagliari, Villasor e Oristano, i sindacati hanno dunque deciso che «è necessario continuare. Occorre una ulteriore mobilitazione e un salto di qualità del conflitto».