Industrie in crisi, la Cisl in piazza ma da sola prima del d-day a Roma con Bersani.Botta e risposta con la Regione: cifre false
Il D-Day romano dovrebbe essere il 10 luglio, anche se manca la convocazione ufficiale del Governo. Nell'attesa dell'incontro a palazzo Chigi sulla situazione industriale dell'isola, la Cisl muove le sue pedine: prima con una manifestazione sotto il palazzo del Consiglio regionale, poi con una serie di incontri coi capigruppo di maggioranza e opposizione - separati - e con la commissione Industria in audizione straordinaria. Una partita in grande stile che non poteva passare inosservata: dalla Giunta arriva puntuale la risposta dell'assessore Concetta Rau, che avverte i delegati sindacali di non forzare le cifre a sostegno delle proprie tesi.
In ogni caso la Cisl porta a casa il risultato: concretizzato in una seduta straordinaria dell'assemblea consiliare con all'ordine del giorno le vertenze in campo, precedente alla missione romana ed eventualmente aperta - ma servirà consultare il regolamento interno - alla partecipazione delle forze sociali e la possibilità che i capigruppo partecipino alla giornata nella capitale, oltre al coinvolgimento dei parlamentari isolani. La via scelta dal sindacato guidato da Mario Medde è quella dell'unione che fa la forza, unico modo per tenere alta l'attenzione sul comparto produttivo isolano.
In quest'ottica il primo paradosso sembra l'assenza della Cgil e della Uil. Ma dalla segreteria regionale Cisl l'avevano annunciato: il sit-in dei delegati del sindacato si farà con o senza le altre sigle confederali, anche se gli appelli per una manifestazione unitaria erano andati avanti sino all'altro giorno. Così non è stato: «Talvolta serve marciare separati per colpire uniti», ha abbozzato Medde, «ma arrivare a Roma nel silenzio più totale avrebbe significato e significherebbe ridurre un appuntamento importante alla stregua di ordinaria amministrazione».
Invece, ha detto il segretario davanti alla commissione Industria, «l'incontro del 10 luglio magari non sarà definitivo ma decisivo sì». Ecco la necessità di coinvolgere tutto il Consiglio regionale e di impegnarlo in una seduta dalla quale, si spera, dovrà venir fuori un documento unitario da portare poi al tavolo con il sottosegretario Enrico Letta e il ministro Pierluigi Bersani. Servirà, nell'idea della Cisl, a sostenere i quattro punti fondamentali che i sindacati - uniti, in questo caso - sottoporranno all'attenzione del governo nazionale.
E cioè: l'attuazione degli accordi sull'energia e il mantenimento degli impegni assunti in sede ministeriale, l'ultimo in ordine di tempo il 31 ottobre, proprio dal ministro Bersani; l'attuazione dell'accordo sulla chimica siglato a Roma il 14 luglio 2003; l'attuazione degli accordi sulle infrastrutture («Perché il protocollo sottoscritto da Di Pietro con Soru qualche mese fa», aggiunge Medde, «non è sufficiente»); la sottoscrizione di un accordo di programma quadro a sostegno delle attività produttive, che preveda la localizzazione in Sardegna di imprese d'eccellenza finalizzate dallo Stato e di industrie innovative («Così come prospettato dalla Regione ma mai attuato»), il sostegno alla localizzazione delle industrie elettromeccaniche per la produzione di energia da fonti rinnovabili e un'intesa a parte per il tessile, l'agroalimentare e la nautica.
In pratica un nuovo modello di sviluppo industriale per l'isola: «La manifestazione di oggi è un monito a Governo e Regione perché diano dimostrazione di voler governare le emergenze e contemporaneamente di voler programmare un futuro industriale che rilanci l'economia e il lavoro», aveva detto il leader della Cisl ai circa trecento delegati sardi giunti da alcune delle 36 aziende in crisi: Carbosulcis, Portovesme srl, Alcoa, Unilever, Sbs e Legler fra le altre.
Dalla piazza la minaccia di sciopero generale
Sempre dalla piazza, Medde non aveva escluso l'opzione drastica: «Da troppo tempo ormai il governo non ascolta la voce dei lavoratori e le proposte del sindacato per attuare gli accordi e garantire gli investimenti necessari. Gli ammortizzatori sociali, la cassa integrazione e la mobilità non devono restare l'unica risposta in campo oggi nell'isola. Anticipiamo oggi un segnale forte di quel che sarà se anche il 10 luglio dovesse trasformarsi nell'ennesimo viaggio della speranza». In quel caso «sarà ineluttabile lo sciopero generale dei lavoratori sardi».
La via per evitarlo, come detto, è quella di presentarsi a Roma compatti, con una piattaforma comune e con il sostegno della politica isolana. Trovato, vista la disponibilità dei capigruppo alle richieste della Cisl. Ma qui c'è il secondo paradosso, segnato dalle riunioni separate con i rappresentanti della maggioranza e dell'opposizione.
Dagli esponenti del centrosinistra è arrivata la richiesta di ritrovare l'unità anche fra i sindacati, «per una maggiore garanzia di vittoria nelle vertenze» come sottolineato dal capogruppo Ds Siro Marroccu e per «una assunzione di responsabilità più forte da parte nostra» secondo il rappresentante di Progetto Sardegna, Chicco Porcu. Fondamentale, secondo Antonio Biancu (Margherita), «ritrovare entro il 10 l'unità fra i gruppi in Consiglio e fra la Giunta e le forze sociali, indispensabile per ottenere un altro successo come già successo in occasione della vertenza sulle entrate».
Indiscutibile «il sostegno e la solidarietà» di Sinistra Autonomista, espressa da Tore Serra: «Al di là dei numeri e dei dati crudi, è chiaro che se i lavoratori scendono in piazza c'è malessere e serve dare risposte». La scelta della mobilitazione, poi, è inevitabile «nel momento in cui viene meno la concertazione fra le istituzioni», ha sottolineato Sergio Marraccini (Udeur), «ma bisogna essere in grado di governare la piazza per evitare che spazzi via sia noi che voi». Che l'Udeur non sia tenero con la Giunta non è un mistero: «Certamente non sostituendo qualche assessore si pone rimedio: non occorrono vittime sacrificali, ma energici e improrogabili cambi di rotta su tutti i fronti. Non c'è più tempo da perdere, come ha detto il segretario della Cisl, se non si vuole veramente il collasso sociale».
Dallo Sdi arriva l'invito a un allargamento della partita: «Energia, infrastrutture e trasporti, senza dimenticare la riqualificazione di quanto presente nei poli industriali sardi, per cancella l'immagine di un comparto decadente».
Pieno sostegno anche dal capogruppo del Prc Luciano Uras, con una avvertenza: «I dati evidenzaiti sono preoccupanti, ma al di la dei numeri serve tornare alla buona abitudine del coinvolgimento delle parti sociali nelle decisioni di governo in materia di lavoro - buono e per tutti - politica economica e sviluppo che abbia elevata qualità ambientale: il rapporto con questa maggioranza non può essere solo di tipo informativo». Ancora di più «in un momento in cui il confronto fra Stato e Regione è ancora una partita tutta da giocare».
Al secondo appuntamento della giornata, la Cisl (sempre per bocca di Mario Medde: parlerà solo lui, nonostante sia accompagnato da una ventina di delegati) si mostra più aggressiva. Davanti ai consiglieri del centrodestra si poteva anche mettere in conto uno spazio maggiore per gli attacchi diretti alla Regione. Infatti: ferme le richieste - anche in questo caso tutte accettate - su tavoli diversi le carte da giocare sono diverse.
Allora, secondo Medde, «gestendo le emergenze senza pensare a cosa accadrà in futuro» la Regione diventa «quell'uomo che cerca di tappare con il dito la falla nella diga» e gli ammortizzatori sociali «una liana che non si può lasciare prima di aver individuato l'altra a cui appendersi: allora non vogliamo solo gli ammortizzatori ma vogliamo essere protagonisti dello sviluppo industriale».
Puntuale il rilancio del centrodestra: «Giusta la via del coinvolgimento del Consiglio», secondo Giorgio La Spisa, capogruppo di Forza Italia: «storicamente i grandi accordi per il rilancio della produzione industriale hanno avuto come protagonisti i sindacati ma anche la convergenza politica». Così è stato nella storia recente: «Gli accordi sulla chimica e sull'energia furono siglati a palazzo Chigi nell'anno 2003, proprio a seguito di un confronto forte e drammatico che vide nella crisi della Montefibre e Ottana la scintilla decisiva. Oggi le situazioni di crisi, analoghe a quella, sono numerosissime: Legler, Unilever, Palmera, Plastwood, ad esempio. A ciò si aggiunge un grave allarme sulla questione energetica: per l'industria energivora sono incerti sia le tariffe speciali sia la soluzione strutturale sulla centrale del Sulcis, insieme al rilancio della miniera di Nuraxi Figus».
Dopo aver censurato quelle che definisce «farneticazioni», e cioè le azioni della Regione per salvare la Carbosulcis, La Spisa richiama «il Consiglio regionale, che deve assumere a questo punto un più attento ruolo di indirizzo politico». Servirebbe un documento unitario, «perché non può bastare solo l'azione della Giunta o quella di Giunta e Governo».
Secondo Pierpaolo Vargiu, capogruppo dei Riformatori, «a spaventare è il fatto che tutti i settori sono in sofferenza: dall'industria al commercio all'artigianato e fiino ai due comparti che la Regione si è accollata: la sanità e i trasporti, guarda caso i più in crisi». Bene quindi il coinvolgimento del Consiglio ma anche quello dei parlamentari, «per evitare di fare la solita figura dei sardi divisi fra quello che fa centrodestra e centrosinistra: alla fine dei discorsi, per temi come questi serve l'unità: è quanto avviene nelle altre regioni». D'accordo anche Silvestro Ladu (Fortza Paris): «I problemi in campo sono problemi di tutti, non questioni di destra o di sinistra. Allora è importante la richiesta di una seduta del Consiglio allargato per stabilire il percorso giusto, a fronte della mancanza di soluzioni di un governo regionale in confusione».
«Questa legislatura era partita con la promessa di un nuovo modello di sviluppo, tutto bastao sull'alta tecnologia e sull'innovazione», spiega Ignazio Artizzu (An), «e noi temevamo l'abbandono dei settori tradizionali, non floridi ma in grado di sostenersi: il primo non si è avuto, dei secondi si è aggravata la crisi. Non solo dell'industria ma anche del comparto agricolo-pastorale, del turismo, del commercio e dell'artigianato». Accettato il confronto in Consiglio, «sarebbe necessario che Bersani venisse prima qui a spiegarci perché a distanza di un anno niente è cambiato se non in peggio».
In commissione Industria, a fine mattinata, Medde ha espresso le stesse richieste e le stesse preoccupazioni: anche in questo caso la disponibilità all'impegno nella vertenza è massimo e bipartisan. Una giornata da incorniciare, quindi? Non proprio: a stretto giro di posta è arrivato la risposta dell'assessore regionale all'industria, Concetta Rau.
Botta e risposta Regione-sindacato sui numeri
L'intervento dell'assessore ha dato nuova linfa all'argomento: «Dov'era la Cisl quando nel passato si adottavano alcuni discutibili provvedimenti per il settore industriale, per esempio finanziando imprese che si sono rivelate inesistenti o inconsistenti, oppure sostenendo attività mai decollate che generavano solo finte assunzioni? Purtroppo oggi stiamo pagando lo scotto di quelle scelte sbagliate».
L'esponente della Giunta replica alle dichiarazioni fatte durante il sit-in sotto il palazzo del Consiglio, precisando che «la Cisl è libera di manifestare quando ritiene più opportuno» ma ricordando «che le altre organizzazioni sindacali hanno preferito attendere l'incontro del 10 luglio a Roma, con il sottosegretario alla presidenza Enrico Letta e con il ministro Bersani prima di esprimere un giudizio».
Secondo Rau «la Cisl snocciola i numeri senza considerare le cause e, quindi, non è di alcun supporto a una più efficace azione di governo». L'assessore chiede al sindacato così come a tutti gli interlocutori del dibattito, «di non alterare i dati e i numeri a sostegno delle proprie tesi». Valgono, in pratica, i dati dell'Istat in base ai quali gli occupati dell'industria in Sardegna sono calati nella prima parte del 2006, ma nell'ultimo trimestre dello stesso anno e nel primo trimestre del 2007 sono nuovamente aumentati.
Uno scarto negativo esiste, precisa l'assessore, ma «non è di 12mila unità come la Cisl sostiene, bensì di 4mila, più che compensato dall'incremento dell'occupazione nel settore terziario: come è indicato in tutte le analisi internazionali più qualificate, è il settore che cresce di più nelle economie avanzate, anche per la naturale evoluzione della moderna organizzazione d'impresa che decentra all'esterno le sue attività terziarie (pulizia, guardiania, centro servizi, call center) che prima erano contabilizzate nella parte di attività principale manifatturiera».
Non basta: «Viene anche da chiedersi», prosegue la Rau, «perchè la Cisl non abbia mosso obiezioni particolari negli incontri ai quali hanno partecipato tutte le organizzazioni sindacali. Sulla politica industriale questa Giunta ha presentato un'azione innovativa e un progetto ben chiaro, nonostante abbia trovato situazioni di crisi decotte: basti pensare alla maggior parte delle vertenze storiche, certamente non generate da questa Giunta».
La Regione, dice ancora Rau, punta invece «a rafforzare e a far nascere una sistema produttivo innovativo capace di affrontare la sempre più aggressiva concorrenza internazionale. Una moderna politica industriale non può non considerare come fattori centrali la qualità del capitale umano, le infrastrutture di connessione alle reti globali, la semplificazione burocratica e l'efficienza del sistema amministrativo, lo sfruttamento del patrimonio tecnico scientifico raccolto presso Università, centri di ricerca e grandi imprese a sostegno del sistema imprenditoriale. Su questi temi si è focalizzata la politica della Giunta perché riteniamo sia il solo modo per assicurare prospettive di crescita serie e durature».
Con tanti saluti alle buone intenzioni, dalla Cisl arriva la contro-replica: «L'assessore all'Industria, Concetta Rau, in una nota odierna inutilmente polemica e povera di argomenti utili alla costruzione di una politica industriale regionale invece sempre più carente da parte della Giunta, ci chiede dove era la Cisl quando tempo fa si erogavano contributi facili e si creavano i presupposti del dissesto di oggi nell'industria. La risposta è semplice e conosciuta: eravamo in piazza a protestare contro chi - di destra e di sinistra - allora governava, per chiedere provvedimenti importanti per i lavoratori e i settori produttivi», spiegano dalla segreteria della Cisl.
Con la manifestazione di ieri «la Cisl sarda ha posto semplicemente l'esigenza che quanti sono chiamati a governare, a Cagliari e a Roma, ieri come oggi, devono anche farsi carico delle responsabilità che l'essere forza di governo implica. Certo non compete al sindacato nè sovrintendere all'istruttoria sui contributi erogati nè pagare le colpe di chi non governa come i problemi e le attese del popolo richiederebbero».
30 giugno 2007
Sit-in dei lavoratori davanti alla Regione Sardegna 26/06/2007
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